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I Carabinieri del Comando per la tutela dell’ambiente hanno scoperto un traffico di rifiuti tra Campania e Basilicata apparentemente regolare, ma che in realtà mascherava l’illecito smaltimento in un sito di Tursi, in provincia di Matera, di una quantità considerevole di residui, provenienti dalla lavorazione del pomodoro, in impianti agro-alimentari del salernitano.
In particolare, solo nell’estate 2007 – hanno accertato i militari – sono stati conferiti al sito circa mille tonnellate di rifiuti provenienti da impianti conservieri, quasi tutti della società La Doria. I carabinieri hanno segnalato all’autorità giudiziaria 20 persone, ora indagate, ed hanno ricostruito, in un rapporto di circa 300 pagine, il traffico illecito, i cui particolari – oltre che da verifiche ed ispezioni – sono emersi anche attraverso numerose intercettazioni telefoniche. Il rapporto è stato inviato al pm di Potenza Henry John Woodcock e da questi trasmesso alle autorità giudiziarie competenti per territorio. Il documento è noto per essere stato già depositato nell’ambito di un altro procedimento penale.
Nel sito di Tursi, esteso per 12,5 ettari – hanno accertato i carabinieri – la società Viridia era stata autorizzata nel 2006 a gestire attività esclusivamente di “ripristino ambientale» anche attraverso l’impiego di rifiuti compatibili con tale attività.
Successivamente la Viridia aveva comunicato alla provincia di Matera, che ne aveva preso atto con riserva, che avrebbe utilizzato nel sito anche altri rifiuti, in particolare quelli derivanti dalle prime fasi di lavaggio dei pomodori, comunque compatibili con le finalità di «ripristino ambientale» del sito. Erano seguite intese commerciali della Viridia con società intermediarie in particolare la Sogesa di Policoro (Matera) e la Eco Lautus di San Marzano sul Sarno (Salerno) – sia per l’approvvigionamento dei rifiuti, sia per l’individuazione di società per il trasporto dei residui della lavorazione dei pomodori, ed, infine, la filiera era stata attivata con il conferimento dei rifiuti al sito di Tursi.
Secondo i carabinieri, i residui della lavorazione del pomodoro venivano regolarmente classificati, e dunque, viaggiavano con documenti regolari.
Era, invece, frutto di documentazione compiacente, ottenuta attraverso due laboratori di analisi, l’attestazione della compatibilità di quei rifiuti con il «ripristino ambientale» del sito e, dunque, la destinazione finale dei rifiuti. Proprio in considerazione di tale documentazione compiacente, infatti, è stato possibile – sempre a parere dei carabinieri – attivare la filiera per lo smaltimento a Tursi dei residui della lavorazione del pomodoro che, invece, devono essere stoccati in discariche adeguatamente attrezzate ed impermeabilizzate. Ne è derivata per i presunti responsabili del raggiro un vantaggio economico considerevole, ripartito tra alcuni degli indagati, essendo stata individuata una modalità di smaltimento alternativa rispetto al conferimento in discarica, molto più oneroso economicamente e più complesso dal punto di vista pratico.

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