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MI tocca nuovamente vestire i panni dell’allarmista per dare una qualche risposta a chi prova a negare un nesso di causa – effetto tra inquinamento e aumento delle malattie tumorali e cronico-infiammatorie. Nella Lucania Fenix e dei siti di bonifica non bonificati, il tema dell’incidenza delle malattie tumorali – e non – è quanto mai attuale.
I Sin lucani (siti di bonifica di interesse nazionale) sono stati mappati nell’ambito del Progetto Sentieri, acronimo che sta per Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli insediamenti Esposti a Rischio Inquinamento. L’indagine, pubblicata sulla rivista “Epidemiologia e prevenzione”, è stata condotta da esperti dell’Istituto superiore di sanità, ha riguardato 44 Sin e ha coinvolto complessivamente cinque milioni e mezzo di persone. Dalla mappatura condotta emergono dati inquietanti, che per quanto riguarda la nostra regione confermano in pieno quanto emerso dallo studio “Current cancer profiles of the italian regions”. Il tasso di mortalità nei Sin è superiore alla media italiana: di fatto solo una conferma ad una realtà che i residenti dei territori interessati conoscono e denunciano da anni. Non una buona notizia per una regione che vanta due Sin ufficiali – Tito e la Val Basento – ai quali prima o poi si aggiungeranno i siti della Valle dell’Agip e dell’area dell’inceneritore Fenice. Tutto questo, in un paese in cui l’aspettativa di vita sana, a partire dal 2003, segna un costante crollo. Per averne conferma è sufficiente consultare i grafici presenti sul sito della Commissione Europea per la salute. Il 10 aprile del 2010, un gruppo di oncologi Usa, nella lettera che accompagnava un report commissionato dall’amministrazione Obama, scriveva: “Il popolo americano, ancor prima di nascere è bombardato continuamente da una miriade di combinazioni di esposizioni tossiche. Il panel la esorta ad esercitare con forza tutto il suo il potere della sua carica per rimuovere le sostanze cancerogene e gli altri agenti tossici dal nostro cibo, dall’acqua e dall’aria, perché tutto ciò aumenta a dismisura i costi per la sanità, danneggia la produttività della nostra Nazione e devasta la vita degli Americani”. In Basilicata, a 10 anni dall’istituzione dei due Sin di Tito e della Val Basento, attendiamo ancora una bonifica che è al di là da venire. Sono stati dieci anni persi, che hanno determinato una pesante contaminazione di porzioni importanti del nostro territorio. La storia dei Sin lucani – almeno in parte – è testimoniata da una lunga teoria di verbali, frutto di Conferenze di servizio istruttorie e decisorie. Una lunga storia di prescrizioni che non hanno avuto seguito. Ancora a luglio 2011, il ministero dell’Ambiente, riferendosi al Sin della Val Basento scrive di suoli contaminati da Piombo, Rame e Cromo Totale, ribadendo la necessità di una immediata attivazione di “idonee misure di messa in sicurezza d’emergenza/bonifica dei suoli”. Nello stesso verbale, in riferimento alla contaminazione della falda nell’area Materit, si richiede l’attivazione ad horas degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza/bonifica. E questo per non dire che in relazione all’area Tecnoparco Val Basento tocca leggere “dell’inadempienza dei soggetti coinvolti nel progetto consortile” e di un barrieramento idraulico dell’area del Comparto Industriale di Pisticci che tarda a decollare, a fronte di un progetto approvato nel 2007! Il ministero sottolinea che quel progetto è utile a preservare la falda che è uno “dei principali bersagli della contaminazione”. A pochi metri in linea d’aria – gioverà ricordarlo – il martoriato Basento, che in certi tratti è diventato una fogna a cielo aperto. Passando dalla Val Basento a Tito, la situazione non migliora di certo, anzi. A luglio 2011, il ministero del’Ambiente sottolinea che in relazione alla Bonifica del Bacino Gessi, attesa la valenza ambientale degli argomenti, “non sono accettabili rinvii nell’adozione effettiva di interventi a tutela della salute e dell’ambiente”. Nello stesso verbale non si manca di sottolineare gli elevati valori di concentrazione di contaminanti presenti nell’area Daramic, dove negli ultimi anni sono state emunte 1625 tonnellate di acque contaminate. Tutto questo, in una regione che vanta più siti contaminati della stessa Lombardia, la metà dei quali collegati alle attività di prospezione ed estrazione petrolifera. Questa volta non mi soffermerò sul “Caso Fenice” e sulla valle dell’Agip, pur essendo certo – ahimè – che molto presto i Sin lucani potrebbero passare da 2 a 4. Chiudo questa mia mutuando l’appello che gli oncologi americani hanno rivolto nel 2010 al presidente Obama. Presidente De Filippo, illustri rappresentanti del Governo, occorre rimuovere le sostanze cancerogene dalle nostre acque, dalla nostra terra, dalla nostra aria. Almeno quelle di un’industrializzazione fallita che ha prodotto solo veleni e cassa integrazione, clientelismo e sperpero di denaro pubblico.

Maurizio BolognettiDirezione nazionale Radicali Italiani

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