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POTENZA – Draghi, lancia l’allarme parlando di “situazione grave”. Sarà che per l’euro è arrivato davvero il punto di non ritorno?

«Draghi ha lanciato un allarme pienamente motivato perché la situazione é oggettivamente complicata ma questo non vuole assolutamente dire che l’euro sia arrivato ad un punto di non ritorno. Vede, sia pure con enorme difficoltà, tra contraddizioni, spinte all’indietro e sussulti nazionalistici comincia a farsi strada, come reazione alla crisi, la consapevolezza della necessità di dotare anche di una “gamba politica” un’Europa finora zoppa. Un’Europa della moneta priva di un governo economico. Il Parlamento europeo ha più volte richiamato l’attenzione dei governi sulla necessità di affrontare parallelamente tre nodi essenziali: l’eccesso di debito dei paesi “periferici”, il dissesto di molte banche e sistemi bancari europei e la necessità di rilanciare la crescita per ridare ossigeno a famiglie ed imprese. Sono convinto che se ci incamminiamo su questo sentiero avendo il coraggio di prendere decisioni forti come l’introduzione degli eurobond e della tassa sulle transazioni finanziarie, e soprattutto mettendo un bavaglio alle agenzie di rating che stanno alimentando la speculazione sui mercati ci mettiamo sulla strada giusta».

L’Italia è da sempre stato considerato il Paese che più europeista non si può, eppure, da qualche tempo, gli indici di gradimento dell’orizzonte comunitario sono calati. Anche il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sembra preoccupato per questa disaffezione. E lei, che fa spola tra Bruxelles e i territori locali, non è preoccupato?

«Su questo dato ha certamente inciso molto la propaganda antieuropeista fatta in questi ultimi anni dalle forze appartenenti al governo Berlusconi. Stiamo raccogliendo purtroppo i frutti di quanto seminato in maniera irresponsabile nell’ultimo periodo. L’Italia e’ stato uno dei Paesi fondatori della Unione Europea, ne ha alimentato la 1integrazione e l’ampliamento. Sono italiani i nomi di alcuni protagonisti principali della costruzione europea, da Spinelli a De Gasperi, da Colombo a Craxi ad Andreotti, al nostro Presidente Giorgio Napolitano, che credo sia oggi l’europeista più tenace, coerente e autorevole. La cosa peggiore che si può fare rispetto al patrimonio di idee e di conquiste del passato non è demonizzarlo o glorificarlo, quanto dimenticarlo. Non si è ancora trovato chi possa raccogliere il testimone di tali grandi personalità politiche e il risultato è questa grande debolezza dell’Europa attuale. Oggi Sarkozy e la Merkel sono risucchiati dagli egoismi nazionali, l’Inghilterra è una palla al piede e Spagna e Portogallo sono alle prese con forti crisi interne. In Italia adesso con Mario Monti, che é una personalità che ha l’europeismo nel proprio Dna, credo vi sia il contesto giusto per invertire la tendenza e perché in un prossimo futuro cresca una nuova leva di giovani europeisti».

La crisi economica pare durererà ancora qualche anno e a pagare sembra siano sempre i ceti medi o medio-bassi. Non sarà questa una delle cause dell’ondata di anti-politica che si muove lungo tutto il Paese?

«Girando per l’Italia si tocca con mano il forte disagio sociale ed é vero che a pagare le conseguenze della crisi attuale sono proprio i ceti più deboli cosí come l’ossatura produttiva del paese, ovvero i tanti imprenditori che e famiglie che hanno difficoltà ad accedere al credito. Se la politica vuole recuperare parte della credibilitá perduta bisogna dimostrare con i fatti che si vuole puntare ad uscire dalla crisi evitando di produrre un ulteriore approfondimento delle diseguaglianze sociali. In Europa non potremo rilanciare i consumi finché non proporremo misure adatte a riportare i soldi nelle tasche dei cittadini e non potremo programmare un piano d’investimenti degno di questo nome e funzionale alla crescita economica, se rimaniamo in attesa di interventi dei singoli governi che hanno i conti in rosso. C’è dunque una questione di volontà politica, una questione di forza e di direzione politica dell’Unione che richiede scelte adeguate».

Senza crescita, non ci si salva, nè si esce dal rischio recessione. L’Europa, che tiene sotto sguardo attento le misure varate e pensate dal Governo Monti, che suggerimenti dà?

«La crescita va messa al primo posto altrimenti ci ritroveremo in una situazione sempre peggiore. è ovvio che l’Europa stia seguendo da vicino le riforme varate dal governo Monti e lo sta facendo perché l’Italia negli ultimi anni ha dimostrato di non mantenere gli impegni che aveva preso con Bruxelles e mi riferisco soprattutto al disordine della nostra finanza pubblica. Adesso Monti ha il difficile compito di rimettere in piedi la nostra economia ed il ruolo del Parlamento nazionale e delle principali forze politiche a partire dla mio partito il Pd deve essere quello di vigilare affinché la ricetta Monti includa importanti misure per la crescita».

Lei è uomo del Mezzogiorno, che al Sud guarda sempre come una risorsa. Ma come e quando si riuscirà a colmare il divario che ci separa per sviluppo, opportunità e benessere dal Nord? Possono bastare gli impegni su infrastrutture e occupazione?

«Certamente migliorare gli indici occupazionali al Sud rimane una priorità assolta. ma per farlo ci vogliono idee e progettualità a cominciare proprio da un infrastturazione che migliori le possibilitá per le nostre regioni meridionali di “comunicare” con le altre regioni italiane ed europee. Il Mezzogiorno credo debba puntare con decisione al Mediterraneo. La nuova geografia del mondo passa dal Mediterraneo, mi riferisco adesempio alle grandi questioni del governo dei flussi migratori, al dialogo interreligioso, agli equilibri geoeconomici e politici. E’ in questo scenario che si colloca il Mezzogiorno, che potrebbe essere importante, ad esempio, per la logistica. Oggi le navi che attraversano il Mediterraneo si fermano in Spagna o in Portogallo e non in Italia, preferendo fare un giro più lungo pur di trovare le infrastrutture e l’assistenza necessarie e che in Italia mancano. Dunque, occorre che il Mezzogiorno diventi una piattaforma logistica, e non solo, del Mediterraneo. Quanto prima andranno perciò realizzati quegli interventi infrastrutturali indispensabili nei porti di Napoli, Salerno, Gioia Tauro, Brindisi, Taranto e Bari. Non c’è futuro per il Mezzogiorno se non in stretto rapporto con il sogno mediterraneo. Più ad ampio raggio, andrà creato un ponte culturale, politico ed economico tra l’Unione europea e l’area del Mediterraneo, tra l’Unione europea e i Balcani, e l’Oriente ed il mezzogionro deve puntare ad essere protagonista di tale svolta».

Con l’associazione Prima Persona sta mettendo in rete esperienze di creatività, impegno e intraprendenza di esponenti della “semplice” società civile. Dica la verità, quanto è difficile dimostrare che c’è una cittadinanza attiva, pronta a cambiare le cose da protagonista?

«La cittadinanza attiva pronta a cambiare le cose da protagonista non solo c’é ed é viva ma non é assolutamente difficile dimostrarne l’esistenza. È una piacevole sorpresa vedere la voglia che c’é tra i cittadini di partecipare in prima persona alla vita ed al destino del nostro Paese. L’obiettivo dell’associazione Prima Persona è proprio quello di promuove una democrazia fondata sulla partecipazione popolare utilizzando soprattutto internet e la comunicazione in rete. Senza partecipazione, gli ordinamenti democratici si ammalano e si trasformano in sistemi autoreferenziali dalla debole legittimazione popolare oppure in regimi plebiscitari in cui l’eletto riceve carta bianca da un corpo elettorale passivo e atomizzato».

Sara Lorusso

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