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Un momento dell'operazione

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GIOIA TAURO – Dopo appena due giorni dall’ultima importante operazione contro il traffico di droga e la ‘ndrangheta, che ha portato a 54 fermi (LEGGI LA NOTIZIA), arriva un secondo importante blitz dell’antimafia ma questa volta nel Reggino. A mettere a segno l’operazione, denominata Provvidenza, i carabinieri del Ros con il contributo dell’Agenzia delle dogane che hanno colpito al cuore una delle cosche più importanti della ‘ndrangheta calabrese ossia i Piromall: sono 33 i provvedimenti di fermo emessi dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria e che i carabinieri hanno eseguito alle prime ore dell’alba. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti al vertice dell’organizzazione c’era Antonio Piromalli, figlio del boss Giuseppe Piromalli. La procura ha spiegato come Antonio Piromalli si fosse trasferito a Milano dove aveva avviato una serie di società e imprese allargando i propri interessi in vari settori, dall’edilizia al turismo passando per il mondo della moda.

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I fermati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio, tentato omicidio e altri reati aggravati dalle finalità mafiose. L’indagine che ha preso le mosse dagli esiti delle operazioni “Cent’anni di storia”, “Maestro”, ”Mediterraneo” e “Mammasantissima”.

SCHEDA: I NOMI DELLE PERSONE FERMATE

Al centro delle indagini del Ros le attività criminali di una cosca egemone sul mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria, con diramazioni in Lombardia e negli Stati Uniti, dove l’Fbi sta ora svolgendo «approfondimenti investigativi». Gli accertamenti hanno documentato, in particolare, la penetrazione della cosca nel tessuto economico della piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria) e la sua capacità di esercitare un «radicale controllo sugli apparati imprenditoriali, nei settori immobiliare e agroalimentare, con riferimento anche al mercato ortofrutticolo di Milano e la rete di distribuzione di prodotti oleari negli Usa, facente capo ad un imprenditore italoamericano organico alla cosca Piromalli». 

Sul fronte calabrese, le basi operative dell’organizzazione sono state individuate a Gioia Tauro negli uffici della società edile di Pasquale Guerrisi, uomo di fiducia di Antonio Piromalli, e nel casolare di campagna di Girolamo e Teodoro Mazzaferro, cugini di Giuseppe Piromalli cl ’45, ove veniva documentata la costante presenza di esponenti apicali della ‘ndrangheta reggina. In particolare, Girolamo Mazzaferro e Pasquale Guerrisi costituivano l’interfaccia calabrese di Antonio Piromalli, per conto del quale, in aderenza alle direttive che provenivano dal capoluogo lombardo, curavano il complesso degli affari illeciti della cosca, garantendone la leadership sull’intero mandamento tirrenico. I collegamenti con la propaggine milanese erano infatti assicurati da Francesco Cordì e Francesco Sciacca, cognati del Piromalli, anche attraverso un sistema di comunicazioni basato sui pizzini, che il Guerrisi aveva il compito di ricevere e instradare ai destinatari finali.

I compiti dei componenti del gruppo

A Girolamo Mazzaferro, esponente storico della cosca, era stato affidato il compito di: dirimere i contrasti sorti tra gli affiliati alla cosca e costituire altresì un punto di riferimento per risolvere controversie o problematiche anche in ambito non prettamente criminale; gestire, unitamente al fratello Teodoro Mazzaferro, le operazioni immobiliari e di compravendita di terreni, in molti casi estorti con il ricorso all’intimidazione mafiosa o come contropartita per i prestiti erogati a tasso usurario; prendere decisioni per la conduzione delle attività illecite della cosca, con particolare riferimento al traffico di stupefacenti, pianificando altresì agguati o azioni intimidatorie nei confronti delle compagini criminali che andavano ad interferire sul controllo delle banchine e dei piazzali dello scalo portuale. In relazione a tale ultimo aspetto, le indagini hanno dato conto dei rapporti contrastati tra i Piromalli e Domenico Stanganelli, già organico alla cosca Molè, per il controllo di alcuni gruppi specializzati nella gestione e fuoriuscita delle partite di cocaina dal porto di Gioia Tauro. Il dissidio aveva fatto registrare due attentati a colpi di arma da fuoco all’indirizzo di Gaetano Tomaselli e Giuseppe Antonio Trimboli, entrambi contigui alla cosca Piromalli e dipendenti della società Mct di Gioia Tauro, attiva nelle operazioni di transhipment all’interno dello scalo portuale.

L’ipotesi di uccidere Michele Zito

Si è accertato come i vertici dell’organizzazione, tra cui Girolamo Mazzaferro e Francesco Cordì, avessero costituito un gruppo di fuoco, pianificando l’omicidio di Michele Zito, braccio destro di Stanganelli, individuato quale esecutore materiale dell’azione intimidatoria. L’evento, ad ogni modo, veniva scongiurato grazie ad una serie di servizi predisposti sul territorio dalle forze di polizia e per la carcerazione dello stesso Zito. 

Nell’ambito dell’operazione Provvidenza, sono stati sequestrati beni per un valore complessivo di 40 milioni di euro. L’indagine ha evidenziato la peculiare struttura organizzativa della cosca Piromalli, imperniata su una base operativa nella piana di Gioia Tauro (Rc) ed una emanazione economico imprenditoriale attiva a Milano. Le investigazioni hanno documentato il controllo delle attività di narcotraffico condotte all’interno dello scalo portuale e la penetrazione della cosca nel locale tessuto economico ed imprenditoriale. 

L’espansione verso gli Stati Uniti

Da Milano, poi, attraveso le proprie aziende attive nell’agroalimentare il gruppo dei Piromalli si è allargato fino agli Stati Uniti dove veniva distribuito olio di sansa come fosse extravergine di oliva di alta qualità grazie all’intermediazione di un imprenditore italoamericano. In particolare, attraverso la società “P.P. Foods srl”, specializzata nell’operazioni di import-export di prodotti olivicoli ed ortofrutticoli, riusciva ad esercitare un controllo rilevante sulla produzione calabrese in tali settori.

Nel comparto oleario è emerso dalle indagini l’interesse prioritario della cosca nell’attività di intermediazione nella vendita dei prodotti di alcune società calabresi, con il controllo di fatto una buona parte della filiera produttiva e commerciale, stabilendo a monte i prezzi di vendita dell’olio, i quantitativi da esportare e le somme da incassare in base al prodotto venduto. È stata inoltre individuata la rete di instradamento di ingenti quantitativi di tali prodotti negli Stati Uniti, in relazione alla quale gli accertamenti dell’Agenzia delle dogane hanno fatto emergere l’esistenza di condotte illecite in ambito commerciale, fiscale e doganale, con contestuale riciclaggio di denaro.

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