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POTENZA – Lui, l’ex dg dell’Arpab al centro dello scandalo, ha voluto precisare che quei nomi non li ha fatti a voce davanti al gup. Ma il presidente della commissione d’inchiesta sul caso Fenice aveva già annunciato la volontà di riaprire l’istruttoria per fare chiarezza. Il governatore ha poi bollato il tutto come una «menzogna». Solo l’ex assessore è rimasto in silenzio.

E’ bufera attorno alle dichirazioni affidate da Vincenzo Sigillito a una memoria redatta dai suoi legali che è stata depositata martedì mattina in udienza a margine del suo interrogatorio. «Sono affermazioni gravissime – ha commentato il consigliere pidiellino Nicola Pagliuca  – che rendono necessario un ulteriore approfondimento su questo tema. Non possiamo lasciare che una cosa del genere passi inosservata. Resta poi da capire se esistono supporti documentali che possono comprovare una cosa del genere che mi ripeto, ove confermata, sarebbe molto grave».

Pagliuca ha presieduto i lavori della commissione istituita all’indomani dell’esplosione del caso giudiziario attorno alla “macchia nera” che ha coperto per anni l’inquinamento del termovalorizzatore di San Nicola di Melfi. Nei giorni scorsi è stata già pubblicata una bozza di relazione finale che aspetta di essere portata in consiglio per il voto definitivo. Prima però spetta alla riunione dei capigruppo inserirla all’ordine del giorno. E proprio in quella sede Pagliuca annuncia l’intenzione di proporre la riapertura dell’istruttoria della commissione per sentire in primis Sigillito, a proposito di quella comunicazione «informale» su quanto appena scoperto nei cassetti dell’Agenzia regionale dell’ambiente.

La data è il 9 marzo del 2008. Né un giorno in più né un giorno in meno. E’ allora che l’ex dg nella sua difesa sostiene di aver saputo che esistevano dei superamenti dei valori soglia nella falda sotto il termovalorizzatore Fenice e che in precedenza quei dati non erano stati inoltrati alla Regione per tutte le determinazioni del caso. Al ché ha deciso di prendere «immediatamente» in mano la situazione, attivando una serie di procedure, e dando notizia, «in modo informale», dell’accaduto al presidente della giunta regionale Vito De Filippo e all’assessore regionale all’ambiente Vincenzo Santochirico.

Per Pagliuca andrebbero sentiti in commissione anche loro e in parallelo bisognerebbe attivare un accertamento documentale specifico per capire nelle relazioni, nella corrispondenza, nelle delibere e nelle determine degli uffici quali atti possono corroborare una ricostruzione dei fatti piuttosto che un’altra.

Sì perché a stretto giro nel pomeriggio di ieri è arrivata la richiesta di precisazione di Vincenzo Sigillito in persona e una secca replica di De Filippo su facebook. L’ex uomo nero dell’inchiesta condotta dai militari al comando dei due capitani dei carabinieri di Potenza, Antonio Milone e Luigi Vaglio, ha preteso di chiarire che parlando dal banco dei testimoni quel colloquio «informale» con i due politici non l’ha citato. Ma non ha potuto smentire il contenuto della memoria difensiva redatta dai suoi legali, gli avvocati Donato e Leonardo Pace (vedi box affianco). 

Il governatore invece se l’è presa con un fedelissimo di Magdi Allam, che l’aveva “taggato” col collegamento alla notizia pubblicata in esclusiva sul sito online del Quotidiano. «Ci sono cose che non si commentano perché totalmente false e fuori dalla realtà…» Ha spiegato il De Filippo (i puntini di sospensione sono anche nell’originale). «Resisto eticamente a questa menzogna». Non una minaccia di denuncia nei confronti di Sigillito ma poco meno. Poi però ha aggiustato leggermente il tiro, una volta constatato che il detto sulle parole volanti e gli scritti per-manenti resta un ostacolo difficile da superare.

«Se mi sono state trasmesse preoccupazioni da parte del dottor Sigillito quand’era ancora direttore dell’Arpab è probabile che lo abbia spinto ad andare avanti ma ogni altra illazione è falsa».

Stando a quanto sostiene la procura di Potenza, quelli che sapevano di quanto stava accadendo a San Nicola di Melfi tra il 2001 e il 2009 devono infatti rispondere di una serie di reati, tra i quali disastro ambientale omissione d’atti d’ufficio e persino truffa ai danni dei comuni che per anni hanno pagato un sovrapprezzo per lo smaltimento eco-compatibile del rifiuto nell’inceneritore, che invece tanto eco-compatibile non era. Anche per questo la difesa di Sigillito fa discutere. A parte le strumentazzazioni tipiche di ogni campagna elettorale.

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