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La prima sconfitta allo “Scida” è di quelle pesanti. Perché arriva dopo quella di Gallipoli e fa fare, con un punto nelle ultime tre partite, inevitabilmente, un altro passo indietro in classifica. Perché rilancia definitivamente l’Arezzo, che supera la crisi, dopo il Benevento fa un’altra vittima illustre ed è ora secondo. Perché mina le certezze e soprattutto il morale dei rossoblu: secondo scontro diretto perso in otto giorni, e la sconfitta matura in superiorità numerica, vantaggio del quale Rossi e compagni già in un paio di occasioni non avevano saputo approfittare, quasi patisse il fatto di giocare con l’uomo in più.
Intendiamoci subito: il Crotone non avrebbe meritato di perdere, e se ha perso è stato per eccesso di generosità, per provare a vincere contro una squadra in dieci e completare la doppia rimonta. Fa effetto sentire Moriero dire, come ha fatto l’altro ieri a fine partita, che ogni tanto bisogna sapersi accontentare: l’allenatore leccese infatti è un convintissimo assertore della vittoria (quasi) ad ogni costo, e se è arrivato a dire quel che ha detto è perché si era corto che non tutto funzionava a dovere. La gara è stata un giallo, un continuo susseguirsi di colpi di scena: dal rigore calciato fuori da Paponetti al vantaggio aretino, dall’espulsione di Fanucci al quasi immediato pareggio di Basso, dal raddoppio granata al 2-2 di Pacciardi, ed infine dal rigore negato al Crotone a quattro minuti dalla fine al sorpasso proprio sotto lo striscione dell’arrivo. Esibizione generosa e sfortunata, ma anche connotata da balbettii difensivi che si ripetono con frequenza oramai sospetta: colpe ed omissioni, errori gravi, come sul primo gol granata, con Rossi e Borghetti che si perdono totalmente Martinetti là dove dovrebbero essere loro a comandare, o gravissimi, come sull’1-2 di Terra, che è un saltatore ed al quale si lascia incredibile libertà al limite dell’area piccola sugli sviluppi di un angolo.
Pressappoco quello che era successo anche contro il Lanciano. Lo spostamento di Galardo in posizione più avanzata ha prodotto effetti negativi: la coppia Vicedomini-Pacciardi, costantemente presa in velocità, non sempre ha garantito adeguata copertura, e ripristinare l’antico assetto in occasione di gare insidiose come le ultime due prima della fine dell’anno e del girone sarebbe, a nostro avviso, la scelta più giusta, del resto coerente con quella di insistere su un modulo preciso, che Moriero ha sempre difeso. Non c’è da disperare, la classifica resta piuttosto corta e l’Arezzo è una gran squadra.
Resta il fatto che si è anche pagata una decisione a dir poco discutibile dell’arbitro Carbone di Napoli, che nel finale non se l’è sentita di assegnare un secondo rigore ai rossoblù, molto più netto di quello fischiato per il fallo su Rossi nel primo tempo.
Non se l’è sentita, già: solo così si può spiegare una decisione palesemente sbagliata, dato che l’indicazione di Collina è che quando si arresta la traiettoria del pallone in area la volontarietà (o meno) va a farsi benedire.
Cresce, e questa è solo l’ennesima verifica, una classe di arbitri pavida, dedita alla compensazione, al misurino. Colpa dei cattivi maestri che l’ha addestrata a “vedere anche quel che non c’è”, com’era detto in una delle più celebri intercettazioni dell’inchiesta.

Francesco Sibilla

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