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di MARIA F. FORTUNATO
La Metro leggera ha una storia, sulla carta, lunga almeno vent’anni. Progetti, discussioni, dibattiti, lotte politiche fino al raggiungimento di un traguardo che fino a poco tempo pareva un miraggio: la copertura finanziaria per ben 160 milioni di euro. Oggi, nel dibattito che si è riaperto e che ha fatto anche avanzare un fronte del no alla metro, il pensiero di mettere a rischio il finanziamento preoccupa parte della classe politica. Franco Ambrogio, già vicesindaco di Cosenza e assessore ai Lavori pubblici, prova così a mettere ordine nella discussione e a tirarne le fila, difendendo un’opera «che è di importanza decisiva per Cosenza, per la sua crescita, la sua riqualificazione e per poter far acquisire alla città nuove funzioni».
Il sindaco di Cosenza ha scritto nei giorni scorsi al governatore Scopelliti per sottoporre alla sua attenzione alcune discrasie che ha trovato nel progetto della metro leggera, dal tracciato al modello ibrido tra metro e tram. Subito dopo, si è registrato l’intervento di due tecnici, il professor Gattuso e l’ingegnere Iacino che hanno proposto un’alternativa alla metro.
Lei cosa ne pensa?
«Da quello che ho letto, il sindaco si è posto alcuni problemi e alcuni interrogativi, ma non mi pare abbia espresso una posizione definitiva. A queste domande è importante fornire delle risposte, verificando se sono contenute nel progetto già approvato. Per il resto sarebbe invece un errore partire dalle domande per creare una spaccatura tra favorevoli e contrari alla metropolitana leggera. Si finirebbe per non approdare a nulla, con risultati ancora più negativi».

Lei crede che questi dubbi possano essere superati?
«A mio avviso si possono rintracciare risposte positive nel progetto approvato dai Comuni di Cosenza e Rende, dalla Provincia, dalla Regione, dalla Comunità europea e che parte anche da uno studio di fattibilità, anche sull’aspetto finanziario. Sarebbe un errore mettere tutto in discussione. Se potessi fornire un consiglio amichevole al sindaco, gli direi di andare avanti con l’opera».

Quali sono le risposte positive contenute nel progetto?
«La soluzione individuata risponde a più esigenze. Non è la scelta classica della metro o del tram e risponde ad un obiettivo prioritario: la riduzione dei tempi di percorrenza necessari per raggiungere l’Università della Calabria da Cosenza. La metro leggera deve contribuire a ricucire l’area urbana e accentuare l’osmosi tra Cosenza, Rende e l’Università della Calabria. Da questo punto di vista si trovano anche risposte importanti alle esigenze dei quartieri popolari, in particolar modo via Popilia e al centro storico, notevolmente avvicinato all’ateneo con tutto quello che può comportare e la possibilità di attrarre studenti. E su via Popilia, a mio avviso, si possono creare le condizioni per la riqualificazione del quartiere, secondo la prospettiva del sindaco Occhiuto, che condivido, di andare oltre la destinazione di edilizia popolare».

Non teme allora che su viale Mancini possa ricrearsi la barriera tra il centro città e via Popilia, un tempo rappresentata dal rilevato ferroviario?
«No, sono opere piuttosto diverse. Prima c’era una ferrovia sopraelevata rispetto al piano strada: era un vero muro. La metro invece richiede solo una sede protetta a livello della strada, interrotta peraltro agli incroci. La barriera non c’è. C’è invece, ripeto, una concreta occasione di avvicinamento di Cosenza all’Università, con la rivalutazione della città e la valorizzazione di quartieri importanti. E poi questo progetto vuole essere la spina dorsale attorno alla quale costruire un sistema di mobilità più vasto. La metro leggera, grazie a punti di scambi intermodale, potrà servire un’area più ampia, garantendo i collegamenti con il Savuto, la Valle del Crati, la Presila».
L’area nord della città non è esclusa però dal servizio della metro leggera?
«Su un punto voglio insistere: viale Mancini non è periferia della città, ma è la spina dorsale. Intorno a questa l’Amaco può costruire i collegamenti con il resto della città. La priorità è la realizzazione dell’opera: in futuro si potrà lavorare anche a possibili integrazioni».

È possibile in questa fase, e senza interferire con il cronoprogramma, apportare modifiche al progetto relative al tracciato?
«Bisogna valutarne la sostenibilità tecnica ed economica: un percorso nel centro città potrebbe aumentare i costi. Tutte le condizioni migliorative sono importanti, purché si rispettino i tempi per la realizzazione dell’opera. Di certo non si può ricominciare tutto daccapo. Alcune prese di posizione ci riportano indietro di vent’anni. Alcuni punti fermi invece devono essere mantenuti. Ora bisogna passare al progetto esecutivo e far partire la gara per la realizzazione della metro. Sono passaggi che vanno fatti entro settembre, anche perché il cronoprogramma prevedeva come termine il 30 luglio scorso. C’è una data poi che dobbiamo tenere a mente: l’opera deve essere completata entro il 31 dicembre del 2015 e i cantieri richiederanno almeno 3 anni. Se la metro non sarà ultimata entro quella data, non riceveremo il finanziamento. Non possiamo permettercelo, tanto più ora che in Europa si bacchetta chi non sa spendere i fondi strutturali».

Della circolare veloce su gomma, che Occhiuto vuol far partire in attesa della metro, cosa pensa?
«Che va bene, purché non si fermi al ponte di Campagnano. Le norme che regolano la concessione delle linee di trasporto pubblico pongono ancora una serie di vincoli. La possibilità di arrivare anche a Rende con questa circolare va quindi verificata».

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