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BRESCIA (ITALPRESS) – “Presidente, faccia lei. E Sergio Cragnotti, numero uno della Lazio, scrisse sul contratto una cifra che io non avrei mai osato chiedere per i miei assistiti”. A volte succede anche questo nel dorato mondo del calcio. Altre volte bisogna trattare fino allo sfinimento della controparte per ottenere un ingaggio adeguato. Altre ancora si gioca d’astuzia. O su più tavoli, a caccia della soluzione migliore. E’ il mestiere del procuratore sportivo, raccontato con un’infinità di aneddoti e di gustosi retroscena in “Ho fatto gol!”, il libro autobiografico scritto da Tiberio Cavalleri, a lungo manager (fra gli altri) dei fratelli Inzaghi (Simone e Filippo), di Cristian Panucci, Gennaro Gattuso (“Ma solo fino al giorno in cui fuggì da Perugia per firmare con i Rangers di Glasgow”), Giuseppe Favalli, Marco Borriello, Kaka Kaladze, i gemelli Filippini, Daniele Zoratto. Il libro, edito da la Compagnia della Stampa Massetti Rodella editori, è stato presentato in anteprima assoluta a Librixia, la fiera del libro di Brescia, alla presenza dell’ex ct della Nazionale Cesare Prandelli e di molti ex giocatori.

“Di solito non vado molto d’accordo con i procuratori – ha confessato l’ex ct azzurro – Tiberio Cavalleri era diverso, perchè più che il rappresentante, era il gestore del lato umano dei suoi calciatori”. “Da ragazzo sognavo di diventare un calciatore, sono arrivato a debuttare in serie C, ma non avevo abbastanza talento per sfondare – confessa Cavalleri -. Appesi le scarpe al chiodo, ma non mi arresi: il calcio era una passione talmente forte, ereditata da mio padre Renato, che pur di restare nell’ambiente le ho provate tutte, ho fatto il giornalista sportivo, il dirigente, l’osservatore. A un certo punto ho persino pensato di fare l’arbitro». Classe ’52, avvocato (con debutto in toga nei processi sul calcio scommesse), Cavalleri aveva occhio come talent scout (sua la prima relazione su un giovanissimo Altobelli, ai tempi del Latina), alla fine “ha fatto gol” come procuratore: “Un ruolo complesso, che apre un mondo dorato, ma costa anche grande fatica. Anzi, richiede una dedizione totale e incondizionata verso i propri assistiti e tutte le loro esigenze, non solo contrattuali”. Un impegno simile può rischiare di prosciugarti e nel libro Cavalleri lo racconta senza reticenze (“Letteralmente, si mette a nudo”, ha scritto il giornalista Marco Bencivenga nella prefazione del volume) rivelando di aver conosciuto la depressione, la stessa malattia che nel 1995 portò a togliersi la vita Edo Bortolotti, uno dei suoi assistiti. “Era titolare nell’Under 21, a un passo dalla Nazionale maggiore e dei grandi club e mi chiese di trovargli una squadra in serie C”, ricorda Cavalleri. “Nel mondo del calcio non puoi concederti debolezze – ha commentato Marco Zambelli, bandiera del Brescia e concittadino di Bortolotti, ospite della presentazione del libro di Cavalleri -: spero che la sua drammatica storia possa aiutare altri”. “Io porto un messaggio di speranza – aggiunge il manager scrittore -: con questa terribile malattia si può lottare. E, col giusto sostegno, si può guarire”.
(ITALPRESS).

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