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TORINO (ITALPRESS) – “Avere avuto il più forte giocatore al mondo, Cristiano, è stato un onore, un piacere. L’unico rimpianto è averlo avuto per un anno e mezzo senza pubblico allo stadio. Ma è la maglia della Juventus che richiede responsabilità, non i compagni di squadra o di lavoro”. Sono le parole di Andrea Agnelli, presidente bianconero, durante l’assemblea degli azionisti che si è aperta con un minuto di raccoglimento per ricordare Giampiero Boniperti. “I risultati della prima squadra maschile sono stati incredibili ma nessuno si aspetta gratitudine e appagamento, perchè siamo juventini. Penso però che sia importante avere fiducia nella dirigenza e nella guida tecnica della squadra – ricorda – Dobbiamo lavorare come un corpo unico, sapendo che la squadra e il gruppo vengono prima di tutto. Siamo tutti utili, nessuno è indispensabile. La Juventus è più grande di chiunque abbia avuto l’onore di incrociare il suo percorso dal 1897 ad oggi, dobbiamo ricordare i valori della Juve e di Torino: lavoro, sacrificio, disciplina, abnegazione, che sono quelli che ispirano tutti coloro che lavorano qui”. Agnelli ha parlato anche dell’impatto della pandemia sui conti. “Nel ciclo 2014-2018 il nostro fatturato è stato costantemente sopra i 400 milioni. Per questo motivo era arrivato il momento di investire, per pensare in grande. Poi è arrivato il Covid, che ha colpito tutti, e il mondo si è fermato. Il mondo del calcio ha affrontato una situazione mai vista, con tamponi costanti, ‘bollè, ed è stato un periodo irreale, che ha comportato poi una serie di crisi, soprattutto economiche – prosegue – Uno dei principali cambiamenti nel mondo del calcio è stato il totale ridimensionamento del mercato dei trasferimenti dei calciatori. Se torneremo alla normalità, potremo avere un consuntivo reale degli effetti del Covid al termine della stagione in corso”. Agnelli è anche tornato sul progetto Superlega. “Non mi voglio arrendere e non mi arrenderò: il sistema ha bisogno di un cambiamento e la Juventus ne vuole essere parte, ed è un cambiamento che necessita dialogo da parte di tutti. Trovo incredibile che ogni tentativo di riformare l’industria del calcio venga sempre accantonato, perchè gli interlocutori e gli attori sono disomogenei fra di loro. La governance attuale non permette a nessuno di assumere una leadership – aggiunge -Ho collaborato lealmente per cambiare un sistema che non tutela gli investitori e non rispetta la meritocrazia sportiva. Basti pensare che tante squadre campioni delle loro Nazioni non partecipano alla Champions League. La nascita della Superlega è stata la constatazione, da parte non di 3 ma di 12 club, del fatto che l’impalcatura su cui si regge il calcio rifiuta ogni cambiamento, per mantenere una classe politica che non rischia, non compete, ma vuole decidere e incassare”.
(ITALPRESS).

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