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E’ iniziato, oggi davanti al Tribunale collegiale di Catanzaro, il processo a carico di Antonella Manghisi, ex direttore generale dell’azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» del capoluogo, ed altre sei persone, imputate a vario titolo per omissione d’atti d’ufficio, turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio e falso, nell’ambito di un’inchiesta su presunti illeciti nell’assegnazione di appalti miliardari all’Ao. L’intero procedimento, però, potrebbe risultare inutile considerato che la prescrizione dei reati contestati è fissata per il marzo 2009, e che il rinvio stabilito oggi per l’audizione dei testi in aula è stato al 10 ed al 14 febbraio prossimi. Prima del rinvio, davanti al Collegio presieduto dal giudice Camillo Falvo (a latere Antonio Saraco ed Emma Sonni) vi è stata la costituzione delle parti, compresa una delle ditte escluse dalla gara incriminata e rappresentata fin dall’udienza preliminare dall’avvocato Maria Mirigliani, ed una seconda ditta esclusa, comparsa solo oggi con l’avvocato Francesco Vergine. Sul banco degli imputati, assieme alla Manghisi, compaiono Aldo Corea, Domenico Francesco Rizzo, Giancarlo Alain Mosca, Massimo Sebastio, Angelo Raffo, e Armando Parnaso (gli avvocati sono Luigi Sciumbata, Vincenzo Ioppoli, Sandro Nisticò, Manna, Palazzo, Manfreda, Raffo e Guida). Tutti vennero mandati sotto processo il 25 giugno del 2007, dal gup Tiziana Macrì, che contestualmente aveva prosciolto due persone da ogni accusa (Manlio Coppola e Stefania Di Michele). Parzialmente prosciolti, per la sola accusa di rifiuto d’atti d’ufficio (“perchè il fatto non sussiste»), anche Antonella Manghisi e Aldo Corea, che per le restanti contestazioni andarono a giudizio, come richiesto dal pubblico ministero Simona Rossi. Risolte oggi le questioni pregiudiziali, entrerà nel vivo fra quattro mesi questo processo seguito ad un’inchiesta le cui «avvisaglie» si ebbero quando la principale «protagonista», Antonella Manghisi, direttore generale del Pugliese-Ciaccio dal 30 maggio 2001, venne travolta dalla valanga giudiziaria partita dai giudici di Taranto, che la raggiunse fino in Calabria.

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