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La rete dei «pusher», era composta da persone senza collegamenti con la criminalità organizzata che operava non solo nella città dello Stretto, ma anche a Gioisa Ionica e Rosarno. I provvedimenti emessi dal Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Boemi e Musarò) sono complessivamente 48: 45 misure coercitive di custodia cautelare in carcere, 2 gli arresti domiciliari e una misura coercitiva dell’obbligo di dimora presso il comune di residenza. Inoltre due provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal gip del tribunale per i minorenni della città dello Stretto su richiesta della competente Procura della Repubblica. I colpiti dal provvedimento, a vario titolo, sono sospettati di aver fatto parte di associazioni per delinquere finalizzate al traffico di droga ed alla commissione di una serie di reati connessi, che vanno dal furto alla rapina, dall’estorsione allo sfruttamento della prostituzione, L’operazione costituisce l’esito di una complessa indagine condotta dai carabinieri della compagnia di Villa San Giovanni che ha consentito di smantellare un traffico al dettaglio di stupefacenti, ramificato in ambito provinciale. Tutto è iniziato quanto in casa di Orazio Abate, a Reggio, era stata rinvenuta e sequestrata una partita di droga. Il lavoro investigativo ha poi accertato che il giovane, che si trovava agli arresti domiciliari, necessitava di collaborazione per l’acquisto periodico di droga che avveniva in località Bernagallo di Gioiosa Ionica. Quattro, dunque, i poli associativi finalizzati al narcotraffico: quello operante a Reggio con ramificazioni in Gioiosa Ionica (specializzato nel traffico di eroina e cocaina) con Orazio Abate nel ruolo di capo dell’associazione; quello di Reggio con a capo Antonino Romano, detto «u pecuraru» del rione Bocale (anche in questo caso si spacciava cocaina ed eroina), il quale fungeva anche da finanziatore del traffico; un ruolo importante lo svolgeva anche Patrizia Colonna.

Il polo del quartiere Argillà, con Giovanni Barchetta che forniva lo stupefacente all’intera organizzazione. Mentre la moglie di questi, Emanuela Porcino, costituiva un punto di riferimento sempre presenze nella casa coniugale dove, in assenza del marito cedeva la droga agli acquirenti. Gli altri due poli associativi sono stati scoperti a Rosarno: il primo in un gruppo di case popolari, il secondo in contrada Carozzo. La prima delle due associazioni aveva come punto di riferimento Emanuele Gerace, Massimo Pisano e Giovambattista Parisi, i quali avrebbero organizzato e finanziato la gang. Nel polo di contrada Carozzo operava anche un minore che svolgeva l’attività di pusher, mentre a Mario Palaia l’indagine ha riconosciuto il ruolo di capo dell’associazione. L’attività investigativa si è sviluppata attraverso un articolato sistema di intercettazioni telefoniche ed ambientali, le cui risultanze sono state in alcune occasioni riscontrate dagli operatori che hanno portato al sequestro di sostanze stupefacenti e all’arresto in flagranza da parte dei responsabili.

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