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Proseguono le indagini dei carabinieri per individuare i fiancheggiatori di Cataldo Marincola e Silvio Farao, i boss dell’omonima cosca di Cirò finiti in manette martedì scorso in un casolare del comune di Aprigliano, nei boschi della Sila.
I particolari della cattura di Marincola e Farao sono stati illustrati dal comandante provinciale di Crotone dei Carabinieri, tenente colonnello Mario Conio, e dal comandante del Reparto operativo, maggiore Luigi Di Santo. Nel casolare, che si raggiunge percorrendo una strada sterrata, gli armadi erano pieni di vestiti, circostanza che fa ritenere che la casa dovesse servire ad ospitare Marincola e Farao per un lungo periodo.
Nel frigorifero è stato ritrovata anche una torta. I Carabinieri hanno riferito che, nel corso della perquisizione nell’abitazione rurale, non sono stati ritrovati nè telefoni cellulari nè armi.

LA COSCA
Intanto si evince che nessuna spaccatura si sia creata all’interno della cosca più potente del crotonese. Lo testimonia il fatto che due capi come Cataldo Marincola e Silvio Farao condividevano lo stesso nascondiglio tra i boschi della Sila. Di una frattura nel sodalizio cirotano si era parlato dopo l’omicidio di Cataldo Aloisio, il 34enne di Cirò Marina ucciso con un colpo di pistola alla nuca il 27 settembre scorso a San Giorgio sul Legnano, nel milanese. Aloisio aveva sposato una figlia di Giuseppe Farao, capo storico dell’omonima cosca, attualmente detenuto; il giovane, inoltre, era il nipote di di un altro esponente di spicco del locale di Cirò, Vincenzo Pirillo, il 50enne ucciso in un ristorante di Cirò Marina il 6 agosto del 2007 in un agguato in cui rimasero ferite altre sei persone, tra cui la moglie della vittima ed una bambina di 11 anni. Quel delitto consumato nel milanese aveva fatto pensare ad una frattura tra Cataldo Marincola e i fratelli Farao. Una ipotesi presa in considerazione anche dagli investigatori dell’Arma.
Proprio temendo che all’interno della cosca scoppiasse una faida – hanno spiegato i carabinieri del comando provinciale di Crotone – nelle scorse settimane sono stati intensificati i controlli nel territorio cirotano con particolare attenzione ai movimenti delle persone ritenute affiliate o copmunque vicine al sodalizio criminale. La reazione non c’è stata, ma in compenso i carabinieri hanno raccolto indizi sulla presenza in zona dei due latitanti catturati l’altra notte in Sila. «Se stavano insieme – ha commentato il tenente colonnello Mario Conio – è anche perchè volevano lanciare il messaggio che non c’è mai stata alcuna frattura in seno alla cosca».

IL COVO
Erano nascosti in un casolare tra i boschi di Monte Nero, una località nel comune di Aprigliano, nella Sila cosentina, i latitanti Cataldo Marincola e Silvio Farao, ritenuti a capo dell’omonima cosca di Cirò, scovati l’altra notte dai carabinieri del comando provinciale di Crotone. L’edificio a due piani, che originariamente era di proprietà dell’Opera valorizzazione Sila, si trova vicino ad un gruppo di altre case tra i boschi di Aprigliano, una zona impervia di montagna alla quale si arriva da una strada sterrata.
Il tenente colonnello Mario Conio, che guida i Carabinieri del comando provinciale di Crotone, il quale ha aggiunto che ora le indagini mirano proprio ad accertare chi abbia messo a disposizione dei due latitanti quell’abitazione e, dunque, a individuare la rete di fiancheggiatori e favoreggiatori della quale si avvalevano. Davanti al covo non c’erano autovetture ma in compenso il frigorifero era molto ben rifornito, persino di una torta che probabilmente a Silvio Farao, nato il 3 novembre 1948, serviva a festeggiare il compleanno se non fossero arrivati i carabinieri; gli armadi, inoltre, erano pieni di vestiti: tutti segnali insomma, che i due uomini si apprestavano a restare in quel rifugio per un lungo periodo. Nel momento in cui i militari dello squadrone Cacciatori, al comando del tenente Alessandro Albiero, hanno fatto irruzione nel casolare, dopo aver sfondato la porta, Farao e Marincola stavano dormendo, ma non erano completamente svestiti. I due uomini, che non erano armati, sono rimasti sorpresi, poi si sono complimentati con i carabinieri. Nel covo – ha spiegato il maggiore Luigi Di Santo che comanda il reparto operativo dell’Arma di Crotone – non sono stati trovati telefoni cellulari nè pizzini e neppure documenti falsi; su un comodino, invece, c’era una copia del vangelo.

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