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Un uomo si può capire anche dalla suoneria del telefonino. Francesco Moriero, detto (non da tutti) Checco, ha l’orgoglio delle sue radici. «Dimmi a che serve restare lontano in silenzio a guardare…», canta Giuliano Sangiorgi, un altro
salentino di talento e successo. Mettendo da parte il sentimentalismo puro, il senso del distacco senza abbandono di “Scende la pioggia”forse lo rappresenta. Chissà se è per questo che l’ha scelta. Nel calcio italiano non è una novità riuscire a ottenere risultati nelle condizioni più difficili, o disagevoli. Dal trionfo iridato di Madrid a quello di Berlino c’è tutta una letteratura di piccole e grandi imprese covate sotto macerie fumanti. Il caso del Crotone, a dire il vero, è un po’ diverso: non siamo proprio al conflitto col mondo, e tanto meno alla canna del gas, però è sicuro che quello che Moriero e i suoi giocatori sono riusciti a ottenere, soprattutto nell’ultimo mese, ha dello straordinario, cioè non ordinario, non normale. La società risente (non potrebbe
non risentirne) dei problemi delle aziende del gruppo Vrenna: c’è da avere pazienza, e ce ne vorrà sempre di più. La crisi morderà anche il calcio come attività economica, anch’esso conoscerà la sua parte di depressione. Che ne modificherà i connotati: meno soldi dagli sponsor, meno soldi dalle tv che dovranno fare i conti con minori introiti pubblicitari. Il tetto agli stipendi diventerà la regola anche delle società più ricche.
Moriero, da questo punto di vista, è già avanti col lavoro. In difficoltà a Crotone, in totale emergenza a Lanciano, eppure i risultati c’erano, ci sono. Come ci riesce?
«Ho saputo scegliere – risponde subito l’allenatore rossoblù – in tutte e due le
esperienze ho scelto bene i giocatori,e non mi riferisco solo all’aspetto tecnico. Perché i soldi sono importanti, ma non tutti rispondono allo stesso modo di fronte a certe situazioni. E comunque, molti di quelli che erano con me un anno fa adesso giocano in serie A o in B, o fanno la C a un certo livello. Sono soddisfazioni».
Ci sono similitudini fra Lanciano e Crotone?
«Assolutamente nessuna. Non c’è proprio paragone. Qui a Crotone la società c’è, è sempre presente. Abbiamo dei punti di riferimento, Ursino è sempre con noi, col presidente il dialogo è costante. E non ci fanno mancare niente. A Lanciano c’erano problemi di ogni tipo, pure per l’abbigliamento sportivo».
Quanto, questo primo posto, è frutto di una costante crescita tecnica e quanto della reazione alle avversità?
«Ho un ottimo gruppo di persone e di giocatori, che è migliorato domenica dopo domenica. Prima ci siamo trovati a inseguire, e non ci è pesato. Ora dobbiamo difendere questo primo posto, ci teniamo. Senza montarci la testa, perché sappiamo benissimo che ci sono squadre molto più attrezzate della nostra».
Lei ha sempre difeso il modulo scelto in estate. Per equilibrio o per necessità?
«Ho voluto io i giocatori, avevo in mente di fare questo lavoro qui, il 4-2-3-1 come base, il 4-4-2 in alternativa. La mia idea di calcio è offensiva, credo che occorra correre sempre qualche rischio. Vincere attaccando, proponendo, costruendo qualcosa: questo è lo scopo».
E le due punte insieme?
«Nessuna preclusione. Mi sembra che a Taranto siano andati bene. Non tutti hanno la fortuna di avere due giocatori come loro, fisicamente fanno spavento e sono bravi. Possono coesistere anche in futuro».
Potremmo anche vedere qualcosa di diverso?
«Perché no? Cambiare per cambiare non m’interessa, però. Perché poi c’è da tener conto degli equilibri, dei movimenti che sono già stati assimilati. Qualcosa sta già cambiando, non ci fermiamo».
Arriva il Lanciano. Battito regolare?
«Ma sì. Ora penso solo al Crotone, anche se lì sono stato bene e ho vissuto
una bella stagione».
Ha sferzato un po’ la tifoseria per i troppi vuoti allo stadio: la delude questo distacco?
«Il discorso è questo. Per riuscire a centrare grandi obiettivi l’ambiente
è molto importante. Noi non siamo partiti per stravincere il campionato. L’ho detto, esistono squadre più forti, con organici più numerosi, però io credo che questa squadra si sia già meritata la fiducia dei tifosi. L’impegno, la volontà che ci mettono, la determinazione, come dimostrano le molte partite vince nel finale. Cose che meriterebbero un premio ben maggiore».
Arezzo, Foggia e Gallipoli dovete ancora incontrarle. Che cambia?
«Niente. Dobbiamo sempre farci trovare pronti».
Ha letto il tanto discusso articolo dell’altro ieri su un giornale nazionale?
«L’ho letto».
Che ne pensa?
«Ci sono rimasto malissimo. Anche perché si vanno a toccare altre cose, la città, la società. Sono state scritte delle falsità. La squadra non chiede l’elemosina. Ma poi c’è poco da commentare».
Ah, mister: complimenti per la suoneria.
«Grazie» (ride).

Francesco Sibilla

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