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«Tutti gli indagati devono essere mandati sotto processo», ma la maggior parte, come informalmente anticipato, sceglierà il rito abbreviato). Netta la richiesta di rinvio a giudizio ribadita dal pubblico ministero antimafia Raffaela Sforza, oggi nell’aula bunker in via Paglia, a Catanzaro, dove si è tenuta l’udienza preliminare per gli indagati dell’operazione Nepetia. L’inchiesta, sfociata nel blitz del 20 dicembre 2007, fu diretta a sconvolgere la criminalità organizzata del Tirreno cosentino, in particolare della zona di Amantea, e coinvolse, fra gli altri, il consigliere regionale Franco La Rupa. L’udienza – in cui sono costituite parte civile la Regione Calabria, la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Comune di Cetraro – è ripartita da zero, lo scorso venerdì, per via del cambio del giudice titolare che prima era Adriana Pezzo. Oggi invece è il collega Camillo Falvo quello chiamato a decidere della richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Dda di Catanzaro e dalla Procura di Paola a carico di 52 persone cui gli inquirenti a vario titolo contestano: associazione mafiosa (per 26 persone); concorso esterno in associazione mafiosa; spaccio di droga; usura aggravata; estorsione aggravata; detenzione illegale di armi e munizioni; riciclaggio e voto di scambio. L’udienza di oggi è stata dedicata alle eccezioni preliminari avanzate dalla difesa, per la maggior parte dedicate all’asserita inutilizzabilità delle intercettazioni, tutte rigettate. Poi è stata la volta della discussione del pubblico ministero, che ha ribadito la sua richiesta di andare al dibattimento, e dunque che tutti vengano mandati sul banco degli imputati, dopo aver ripercorso le tappe dell’inchiesta antimafia. Poi il rinvio a giorno 17 novembre, quando i difensori potranno avanzare le proprie richieste di accedere ai riti alternativi, in particolare al giudizio abbreviato (che comporta lo sconto di pena di un terzo), che molti difensori hanno anticipato informalmente di voler chiedere.
Il primo agosto scorso, infine, il Consiglio dei ministri ha deciso lo scioglimento del Consiglio comunale di Amantea. Fra i nomi di maggior rilievo coinvolti nell’inchiesta, oltre a quello del consigliere regionale, compaiono quelli dei presunti boss della ‘ndrangheta Tommaso Gentile (nella foto), che secondo le risultanze dell’indagine stava all’epoca preparando la fuga in Sudamerica, e Franco Muto e diversi imprenditori locali. Per uno degli arrestati del dicembre scorso, Giuliano Serpa, ora collaboratore di giustizia, è scattato il programma di protezione testimoni. Fra gli indagati oltre al presunto boss di Amantea Gentile e a tutti quelli ritenuti esponenti di primo piano del clan (Gianni Pantera, Guido e Massimo Africano, Pasqualino Besaldo), l’ex assessore di Amantea Tommaso Signorelli, il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Concetta Schettini, l’amministratore delegato dell’Appennino paolano spa, Carlo Samà, il sovrintendete dell’Arma dei carabinieri Armando Mendicino e l’appuntato della Gdf Domenico De Luca.

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