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SCANZANO – Quando i carabinieri di Policoro ascoltano la telefonata tra Daniela
e Davide, i figli di Vincenzo De Mare, l’autotrasportatore ucciso a colpi di lupara nel 1993, già sospettavano che dietro il delitto potesse nascondersi un traffico di rifiuti tossici.
Ma è grazie a quella telefonata che scoprono il possibile movente. Gli investigatori – come svelato la settimana scorsa dal Quotidiano – sospettano che tre imprenditori e tre pregiudicati siano coinvolti nel delitto. Sono tutti indagati per associazione di stampo mafioso.
Quattro di loro sono accusati di «concorso in omicidio». I tre imprenditori anche
di «traffico illecito di rifiuti tossico-nocivi». Ecco cosa scrivono gli investigatori: «La conversazione intercettata, oltre a mettere in risalto il possibile movente dell’omicidio, che i due fratelli riconducono al rifiuto del loro genitore ad effettuare il traffico illecito di rifiuti pericolosi, evidenzia il coinvolgimento di alcuni personaggi direttamente collegati alla
Centrale del latte di Scanzano Jonico, il trasporto illecito di rifiuti, attuato attraverso il fittizio trasporto del latte».
Scrivono i carabinieri: «Quanto raccolto da questo comando nell’ambito delle indagini sinora svolte in merito a quest’ultimo fatto, fornisce un quadro
d’insieme da cui si ricava il coinvolgimento di due imprenditori e due pregiudicati nell’omicidio, un collegamento alle attività della Centrale del latte di Scanzano Jonico, l’esistenza di una consistente attività di traffico illecito di rifiuti, l’effettuazione di alcuni trasporti da parte di De Mare, nonché il suo riferito timore di essere ammazzato, un radicato e torvo sistema
mafioso, capace di vulnerare agevolmente il tessuto sociale e assoggettare
la comunità, inducendola all’omertà assoluta».
Perché Scanzano è un posto strano. In superficie sembra un paese qualunque,
ma nelle sue viscere custodisce molti segreti. Nel sottosuolo c’è un enorme
giacimento di salgemma. Sul finire degli anni Sessanta cominciano le perforazioni. Ma più che lo sfruttamento del sale si progetta lo sfruttamento
delle caverne sotterranee. E si parla anche della costruzione di una centrale
termonucleare e di un impianto di riprocessamento del torio. Progetti e commerci
che ingolosiscono in tanti. Anche negli ambienti della criminalità organizzata.
Alcuni fogli di viaggio di De Mare riguardano partenze da Terzo Cavone. E ci sono alcuni testimoni che confermano la tesi degli investigatori. Agli atti, in procura, c’è un interrogatorio.
Un testimone, interrogato, sostiene di aver saputo da un dipendente della Centrale del latte di Scanzano che l’omicidio era riconducibile a questioni
«connesse al trasporto di materiale che veniva artatamente fatto passare come prodotto caseario e che, invece, veniva venduto in nero». A fornire un’altra conferma agli investigatori è statta la sorella di De Mare.
Dice: «Lui avrebbe potuto rivelare qualcosa di misterioso che probabilmente all’epoca avveniva negli stabilimenti della Latte Rugiada». Ed è questa l’idea che dal 1993 si porta nella testa: «Questa cosa potrebbe essere stata intuita da qualcuno che, forse, per impedirgli di parlare ha ordinato l’omicidio».
C’è poi un confidente dei carabinieri che ha rivelato i posti in cui venivano
smaltiti i rifiuti: «Capannoni abbandonati o masserie in aperta campagna».
E un ex detective della polizia di Stato che ha un sospetto. L’ispettore Franco
Ciminelli è l’investigatore più in vista della zona. Ha appena risolto l’omicidio
di un netturbino e scoperto che dietro un incidente stradale si nascondeva un tentato omicidio. Il regolamento di conti tra confinanti non lo convince. I carabinieri hanno appena arrestato un pensionato che nutriva rancore nei confronti di De Mare.
Ma oltre al possibile movente non c’è altro. Il pensionato viene subito rilasciato. L’ispettore Ciminelli, invece, mette il naso tra le bolle d’accompagnamento del trasportatore. Sospetta che ci sia ben altro dietro l’omicidio. Forse il traffico di rifiuti. Scopre che alcuni fogli di viaggio di De Mare riguardano partenze da Terzo Cavone. L’ispettore Ciminelli annota tutto e prepara un’informativa.
Passa qualche mese e dalla Questura di Matera gli comunicano la sua nuova sede: Catanzaro. L’ispettore non ci sta. Lascia la polizia. Il delitto De Mare resta senza soluzione. Fino a quando, quattro anni fa, i carabinieri di Policoro
trovano tra i ruderi della Latte Rugiada 15 bidoni di rifiuti chimici. Il
caso viene ufficialmente riaperto. L’ispettore, a quanto sembra, era sulla
pista giusta. La stessa pista che indicano i figli in quella telefonata.

Fabio Amendolara – f.amendolara@luedi.it

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