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Voleva essere un uomo forte e controcorrente, credere nell’antistato piuttosto che nello Stato. Credeva di poter vincere qualsiasi battaglia facendo giustizia da se e vivere con gli spiccioli dei furti, a volte con quelli della droga. Ma all’improvviso decide di cambiare rotta, di buttare quelle armi bianche che gelosamente aveva custodito e spesso utilizzato per intimorire. Sceglie di
cambiare vita e lo fa consegnando due coltelli a molla, di 25 e 15 cm, al sacerdote della Parrocchia dell’Immacolata di Melito Porto Salvo, don Benvenuto Malara. «Voglio voltare pagina», avrebbe detto il giovane disoccupato al prete; un passato non roseo a causa di un conto aperto con la giustizia ed una vita sempre “in bilico”. Nonostante l’identità non venga diffusa, il prete ha parlato
di lui come un ragazzo umile, vittima del disagio sociale e soffocato dal peso della disoccupazione. Un giovane come tanti, di quelli che si fa prima a chiamarli “a rischio”, poiché pronti a precipitare nella voragine del malaffare e
della criminalità. Senza progetti e soprattutto senza lavoro, ma comunque animato
dal sogno di una vita migliore, più agiata. È entrato così a far parte di un piccolo branco di giovani, un gruppo che prova a vivere alla giornata compiendo le azioni tipiche della microcriminalità. Azioni che il giovane, negli ultimi tempi, ha addirittura stentato a capire, finendo poi con il condannarle. Pare che, il gesto di consegnare i due coltelli al prete, sia maturato dal giovane in seguito alle recenti vicende di sangue che hanno scosso la cittadina del basso ionio. Un particolare avvenimento avrebbe suscitato nell’animo del giovane questa sete di “conversione”. La sparatoria del 6 giugno in cui rimase ferito il piccolo Antonino Laganà, avrebbe profondamente scosso il cuore di colui che, fino a quel momento, credeva di poter stare solo dalla parte dell’Antistato. Tuttavia non fu solo il ferimento del bambino ad indurlo al “pentimento”, ma anche le vicende successive che portarono all’arresto dei presunti mandanti della sparatoria. La paura di cadere nuovamente nella rete della giustizia, lo avrebbe spinto a deporre
le sue armi ed a rinnegare la logica della violenza, evitando così di distruggere la propria vita e di cospargere di sangue la società. «Spero di riuscire a cambiare strada, voglio cambiare vita ed accogliere il messaggio cristiano della fratellanza, diventare un giorno operatore di pace eservire la strada della legalità», queste parole avrebbe pronunciato durante l’incontro con il sacerdote, manifestando anche la volontà di lasciare presto la Calabria, la terra che ama, ma che odia anche con la stessa intensità. «Un gesto simile rinvigorisce la speranza che qualcosa può cambiare», sono le parole di don Benvenuto Malara, che
aggiunge: «Il mio messaggio vuole avere sempre lo stesso contenuto; ritrovarsi insieme per analizzare la situazione giovanile, individuando i rimedi e le risposte che ognuno di noi, in diversi ambiti e con diversi ruoli, è chiamato a dare». Nelle prossime ore, sarà proprio il sacerdote, a consegnare i due coltelli presso la Compagnia dell’Arma dei Carabinieri

Mariateresa Orlando

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