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Ha chiesto di tornare in libertà Domenico Mancuso, 30 anni, di Limbadi, uno degli indagati dell’operazione antiusura dello scorso ottobre, denominata «Corsa», condotta dalle Squadre mobili di Catanzaro e Vibo Valentia, e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Gli avvocati di Mancuso, Salvatore Staiano e Antonio Porcelli, hanno presentato un’istanza per la revoca o la sostituzione della custodia cautelare in carcere cui è sottoposto l’uomo, comparso oggi davanti al giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Antonio Battaglia, per un interrogatorio nell’ambito del quale ha spiegato le ragioni che stanno alla base della sua richiesta di tornare in libertà.
Mancuso ha fornito la propria versione sugli assegni ricevuti da Antonio Strano, presunta vittima del giro di strozzini ricostruito dalla polizia, che sarebbero stati ricevuti legittimamente – ed oltre tutto sarebbero stati anche quasi sempre scoperti -, perchè l’indagato avrebbe vantato un credito con Strano, e avrebbe avuto bisogno di riscuoterlo per la necessità di salvare la propria ditta dai problemi finanziari. Sull’istanza, comunque, il giudice si è riservato di emettere la propria decisione. Con l’operazione «Caorsa», gli investigatori hanno puntato a svelare un giro di usura di cui sarebbero rimasti vittima il commerciante del capoluogo calabrese e la sua famiglia, caduti nella trappola tesa da esponenti delle cosche più potenti di Vibo Valentia, i Mancuso e i La Rosa.
Quattordici i provvedimenti emessi dal gip di Catanzaro, con l’accusa di usura ed estorsione, che fecero finire undici persone in carcere, una agli arresti domiciliari e due con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, compiuta dopo una lunga indagine avviata nel 2005 grazie ad alcune fonti confidenziali e a successivi riscontri, prima della collaborazione della vittima, Strano si sarebbe rivolto a piccoli usurai del posto per alcuni prestiti, prima di essere indirizzato direttamente ai rappresentanti delle cosche del vibonese. Con il tempo, tutta i parenti del commerciante, impegnati nell’attività di famiglia, sarebbero finiti nel giro dell’usura, con tassi che potevano variare tra il 10 e il 50% mensili. Così al primo debito maturato con i prestiti aperti a Catanzaro si sarebbe aggiunto anche quello con gli strozzini del vibonese, come ha ricostruito l’indagine condotta dal sostituto procuratore antimafia Gerardo Dominijanni (nella foto).

(Fonte: AGI)

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