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Gioacchino Genchi, il consulente informatico dell’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, accusato di aver formato un’enorme banca dati con 78 mila record anagrafici e 1.402 tabulati, per un totale di oltre un milione di contatti telefonici raccolti nell’ambito della sua attività di consulente, oggi si difende. Ed attacca. «L’archivio segreto non esiste», assicura. Poi aggiunge: “Berlusconi con la vicenda Why not non c’entra, non l’ho mai intercettato nè mi sono occupato di lui. Potrebbe entrarci, come Bin Laden o il Papa. Tirare dentro lui in questa vicenda facendogli credere che è stato intercettato è un modo come un altro per far sollecitare a Berlusconi iniziative che se deve adottarle le adotti pure, ma non c’entra niente». Così come tutti i nomi usciti in questi giorni sui giornali «non ci azzeccano nulla con la realtà»: Genchi si riferisce a “persone come De Gennaro, Spataro, Vulpiani, Gabrielli, Amato, Mancino e tanti altri, mentre si omette di citare i nomi dei pochi magistrati, giornalisti e appartenenti ai servizi sui quali effettivamente era incentrata l’attenzione di De Magistris. Vogliono colpirmi perchè sono un testimone di malefatte di alcuni magistrati di Catanzaro». È stato un fiume in piena, oggi, Gioacchino Genchi. E presto tornerà a parlare in una sede istituzionale: il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che si occupa dell’attività dei servizi di sicurezza, lo ha infatti convocato per venerdì prossimo. Lo stesso giorno saranno ascoltati Luigi De Magistris, il Garante della Privacy Franco Pizzetti, i responsabili di Tim e Vodafone e i vertici dei Servizi segreti, Giorgio Piccirillo, direttore dell’AISI e Bruno Branciforte, dell’AISE. Lunedì 2 febbraio sarà invece la volta di Enzo Jannelli, procuratore generale di Catanzaro e dei magistrati attualmente titolari dell’inchiesta, oltre ai carabinieri del Ros che acquisirono l’archivio dopo che la procura generale del capoluogo calabrese avocò l’inchiesta Why Not a De Magistris e revocò l’incarico al consulente. Francesco Rutelli, presidente del Copasir, stasera ha riferito al presidente del Senato e domani a quello della Camera sugli sviluppi della vicenda. «E’ prematuro definire questa vicenda come uno scandalo o una fandonia», aveva detto Rutelli poco prima del colloquio con Schifani: in ogni caso, la legge sulle intercettazioni andrebbe sottratta dall’“emotività scatenata dal clamore di questi giorni sul caso Genchi». Per molti all’interno della maggioranza, però – a partire dal premier, che aveva evocato il rischio del «più grande scandalo nella storia della Repubblica» – proprio la vicenda Genchi dimostra che è necessaria una stretta sulle intercettazioni. Dal Pdl sottolineano che «non è sopportabile in un paese civile che venga controllato il traffico telefonico dei vertici delle istituzioni, dei servizi o della magistratura», ma il Pd, che invita a «non strumentalizzare», dà un giudizio molto più cauto: «E’ una questione che merita approfondimento. Il presidente del Consiglio ha detto certe cose, ma noi aspettiamo prima l’esito del lavoro del Copasir», dice il segretario Walter Veltroni. L’Idv, con Donadi, invece non ha dubbi: «Quello denunciato da Berlusconi non è il più grande scandalo della Repubblica ma una bufala con il solo scopo di favorire una legge insensata e criminale». Sul versante più propriamente processuale, Genchi dice di non sapere se è iscritto nel registro degli indagati: «So che c’è una denuncia di Mastella ma non ho notizie precisè», si limita ad affermare. Secondo alcuni, la procura di Roma è l’ufficio giudiziario dove potrebbe approdare la vicenda dell’archivio segreto. A questo riguardo, dalla procura generale di Catanzaro trapela che nessuna richiesta di atti è giunta dalla capitale, ma a piazzale Clodio ribattono che non è la procura di Roma a dover chiedere atti processuali ad altri uffici giudiziari, ma sono questi ultimi a doverli trasmettere se ravvisano la competenza territoriale romana. Intanto, per un incarico ritenuto troppo ampio dato proprio al suo consulente Gioacchino Genchi, l’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris sarà giudicato dalla sezione disciplinare del Csm: l’appuntamento è fissato per il prossimo 20 febbraio.

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