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La condanna a quattro anni di reclusione degli ingegneri Paolo Bruno e Giovanni D’Alessandro, ai vertici della società «Condotte d’acqua», è stata chiesta dal pm della Dda di Reggio Calabria, Roberto Di Palma, a conclusione del dibattimento davanti al gup, svoltosi con rito abbreviato, scaturito dall’operazione «Arca». L’inchiesta, condotta dalla squadra mobile reggina, ha riguardato i lavori e le forniture per l’ammodernamento del tratto dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria tra gli svincoli di Mileto e Rosarno. Secondo l’accusa le cosche imponevano una tangente del 3% alle imprese come tassa «sicurezza cantiere», come veniva chiamata in gergo. Il pm ha chiesto la condanna di 39 imputati a pene variabili dai 3 ai 14 anni di reclusione, e 14 assoluzioni.
Per Bruno e D’Alessandro, l’accusa ha chiesto la condanna per frode in pubbliche forniture aggravata dall’avere favorito un’associazione mafiosa. Il pm, tra l’altro, ha poi chiesto la condanna a 8 anni per Antonio Ozimo, e a nove anni per Noè Vazzana, sindacalisti. Nell’inchiesta sono coinvolti anche Pino Bellocco, Orazio De Stefano e Giovanni Bonarrigo, indicati dagli inquirenti come i vertici delle cosche omonime. Per loro il pm ha però chiesto il proscioglimento per insufficienza di indizi. L’operazione «Arca» aveva preso l’avvio durante la ricerca del boss latitante Pino Bellocco, poi arrestato, ed aveva messo in luce i contatti tra i gruppi Giacobbe, Morogallo, Tassone, Pesce, Mancuso, tutti interessati, secondo l’accusa, a fornire manodopera e calcestruzzo a prezzi gonfiati ad imprese come “Condotte d’Acqua» e «Baldassini-Tognozzi», tra le più importanti imprese edili che avevano vinto le gare d’appalto per il rifacimento dell’A/3.

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