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Si è concluso con una sentenza di colpevolezza il giudizio abbreviato a carico di Gianluca Pennisi, operaio di 33 anni, incensurato, ritenuto dagli inquirenti l’armiere della cosca Vrenna di Crotone. L’uomo, oggi, è stato condannato a sei anni di reclusione (la pena è così scontata di un terzo per la scelta del rito alternativo) dal giudice dell’udienza preliminare distrettuale di Catanzaro, Camillo Falvo, che ha accolto le tesi del pubblico ministero della Dda, Sandro Dolce. Pennisi fu arrestato ad agosto del 2007 dopo che la polizia trovò, nel magazzino che l’uomo aveva in uso, a via Torino, quello che fu definito un vero e proprio arsenale della ‘ndrangheta: pistole, munizioni, esplosivi e anche parrucche, barbe e baffi finti, e persino un manuale sui camuffamenti. Gli agenti della Mobile tenevano d’occhio da tempo il trentatreenne, e sapevano che spesso si recava in via Torino. Così la sera del 30 luglio, dopo aver perquisito la sua casa di corso Messina, si fecero accompagnare da Pennisi al magazzino incriminato. I poliziotti scovarono così l’armeria, oltre a due motorini risultati rubati in città tempo prima. Poi saltarono fuori: sei pistole (una Beretta 9 x 21, una «Tanfoglio» a salve con canna modificata, una calibro 22 Gt 23, una Benardelli calibro 7.65, una Beretta mod. 82 calibro 7.65 e una semiautomatica 6.35); una penna pistola; 650 proiettili di ogni tipo di calibro e cinque chili di polvere da sparo. Cinque pistole erano prive di matricola. Insieme alle armi , alle munizioni ed alle barbe finte, c’erano anche un tesserino con lo stemma dei carabinieri, 28 bombe carta integre, tubi in rame, materiale pirico. Dopo la convalida dell’arresto per detenzione illegale di armi ed esplosivi e ricettazione, il gip distrettuale di Catanzaro, Teresa Barillari, aveva sottoposto Pennisi alla custodia cautelare in carcere, ritenendo fondata l’aggravante della «mafiosità».

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