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di ANTONIO ANASTASI
Dopo due ore di appello, che qualcuno dei circa 80 detenuti s’è sorbito stando in piedi e ammanettato, è iniziata la corsa contro la scadenza dei termini di custodia cautelare in carcere. Il gup distrettuale di Catanzaro Antonio Battaglia ieri ha stralciato le posizioni di 49 dei 128 imputati, presunti affiliati alle cosche e colletti bianchi collusi, nell’ambito della maxi inchiesta Herakles; 49 posizioni che saranno trattate già giovedì prossimo, mentre per le restanti l’udienza è slittata al 23 marzo, fermo restando che successivamentesaranno tutte riunificate. Incombe, infatti, la scure della “decorrenza termini”per alcuni imputati detenuti che furono arrestati per mafia, droga, estorsioni e due omicidi. Se per loro, entro il 6 aprile prossimo, non interverrà l’eventuale rinvio a giudizio, si prevedono maxiscarcerazioni.
Quindi, a partire dal 12 marzo dovranno essere individuati gli imputati che sceglieranno il rito ordinario e quelli che opteranno per il rito abbreviato e, stando a quanto trapela da ambienti difensivi, di abbreviati se ne prevedono a raffica e non solo in relazione alle posizioni per cui è imminente la scadenza dei termini custodiali.
Sempre il 12 marzo dovrà essere predisposto un calendario di udienze a ritmo serrato per quanti sceglieranno il rito ordinario. Intanto, fioccano le richieste
di costituzione di parte civile. Oltre a quella depositata dalla Regione Calabria e da un’impresa del Nord, circostanza che balza all’attenzione tanto più che la maggior parte delle aziende estorte sono crotonesi, spicca quella di un ispettore della Squadra Mobile della Questura di Crotone, Mario Mascolo, e della moglie, in relazione al danneggiamento, avvenuto nell’aprile 2007, dell’esercizio di parruccheria “Le Figaro”, della consorte del poliziotto, Romina Perri, contro il quale fu lanciato un ordigno che distrusse la saracinesca e la sala con gli arredi. Un episodio che la dice lunga sul clima nel quale operano forze dell’ordine e magistrati a Crotone, specie se si consideri che, come emerge dall’inchiesta, anche uno dei pm titolari dell’inchiesta, Pierpaolo Bruni, ieri in aula insieme al collega Sandro Dolce, finì nel mirino dei clan.
In particolare, di quell’episodio deve rispondere, in qualità di mandante, con accuse di danneggiamento aggravato dal metodo mafioso, Antonio Macrì, uno degli affiliati di spicco alla cosca Vrenna Bonaventura Corigliano, considerato il capobastone del rione Fondo Gesù dove operava il braccio armato del boss emergente di Papanice Leo Russelli (anch’egli imputato, ma non per questo fatto che invece in un summit di ‘ndrangheta cercò di scongiurare).
Macrì avrebbe agito per ritorsione nei confronti dell’ispettore, che in precedenza, nell’esercizio delle sue funzioni, aveva proceduto penalmente nei suoi confronti e di Vincenzo Marino, poi divenuto collaboratore di giustizia. Macrì avrebbe incaricato proprio Marino di procurare l’ordigno esplosivo che avrebbe fatto collocare da Luciano Vaccaro e Maurizio Valente davanti al negozio. L’ordigno sarebbe stato recuperato a Roma da Marino tramite l’albanese Levanja Shefquet e spedito dallo stesso Marino con l’autobus di linea della ditta Romano a Crotone, dove sarebbe stato prelevato da Nicola Basta che successivamente lo consegnò a Valente.
Spicca anche la richiesta di costituzione di parte civile – non è usuale nei processi di ‘ndrangheta – dei familiari di Dino Covelli, vittima di uno dei delitti, avvenuto nel novembre 2000, su cui l’inchiesta avrebbe fatto luce. Non c’è, almeno per il momento, alcuna richiesta del Comune di Crotone nonostante l’annuncio, fatto dal sindaco Peppino Vallone in occasione della marcia antimafia del primo marzo scorso; annuncio secondo cui l’ente si sarebbe costituito parte civile contro il racket. E nonostante il Comune si sia fatto promotore di sgravi fiscali per chi denuncia gli estorsori, una notizia ripresa da Le Figaro. Il gup si è riservato la decisione sull’ammissione delle richieste di costituzione di parte civile come sulle eccezioni di nullità, per difetto di alcune notifiche, avanzate dagli avvocati Mario Nigro, Francesco Laratta e Fabrizio Salviati. Fra le posizioni stralciate non c’è quella del presunto boss Pino Vrenna, la cui latitanza è finita giovedì scorso.

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