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E’ un appello accorato quello di Attilio Cordì, cugino di Domenico Cavaleri, il trentanovenne ucciso sabato mattina di fronte alla scuola dove attendeva l’uscita del figlio, a Locri. Un delitto scaturito da un banale sgarro subito dal padre dell’assassino, uno schiaffo al culmine di una partita a carte. «Basta alla violenza che insanguina le strade di Locri», dice Attilio Cordì, figlio di Antonio Cordì, fratello della madre di Cavaleri, responsabile del progetto Potamos Cooperativa Valle del Bonamico, voluta dall’ex vescovo di Locri, monsignor Giancarlo Bregantini, per aiutare gli ex detenuti. «Ieri – ha scritto Attilio – il dolore per la morte di Domenico, che lascia orfani due ragazzi, era accompagnato dalla rabbia perchè un padre era stato ucciso davanti ad una scuola piena di ragazzi che avrebbero saputo che a Locri ancora si muore per strada uccisi dal piombo. Ed assieme alla rabbia, l’angoscia per il ricordo di tanto altro sangue, con tante ferite e tanto dolore. A queste ferite ed a questo dolore bisogna avere il coraggio di dire basta: mai più uccidere per nessun motivo. Nella mia vita ho imparato che ad ogni uomo bisogna dare speranza: quella speranza che voglio trasmettere a mio figlio quando nascerà. Non tutti forse sono pronti a perdonare come sanno fare quelli che da tempo hanno iniziato il mio percorso. Tutti però debbono astenersi della violenza, dal ferire e dall’uccidere per qualunque motivo».
Attilio Cordì ne è convinto: «Una volta aperta la porta alla speranza – ha proseguito – bisogna che da quella porta entri l’intervento sociale ed un progetto per il futuro. Proprio perchè una scuola di 500 bambini è stata ferita e macchiata da un delitto, propongo che in tutte le scuole di Locri venga chiesto ai ragazzi di svolgere un tema contro la violenza e contro i delitti ma per il futuro e per una società più giusta».
Cordì poi sottolinea l’importanza della sua personale esperienza. «Sono stato accompagnato nel mio percorso – ha sostenuto – da altre associazioni come la Nuova Evangelizzazione, dal vescovo mons. Bregantini e dal nuovo vescovo mons. Morosini. Ed anche ieri ho chiesto aiuto e consiglio al presidente della mia cooperativa e al direttore dell’Oratorio salesiano. A chi altri sennò? – denuncia – Nella Locride non ci sono servizi sociali e il deviante conosce solo la strada e la caserma. Chi ha sbagliato e vuole inserirsi nella società ha il diritto Costituzionale ad essere aiutato. Per questo non è la prima volta che assieme all’appello di cessare ogni delitto ed ogni violenza formulo un forte appello per i servizi sociali e per il lavoro».
Dunque «oggi come cinque anni fa, quando dal carcere ho iniziato il mio percorso – ha concluso Cordì – mi rivolgo alle istituzioni. Mi rivolgo alla scuola che un tempo sfuggivo e che se fossi stato aiutato e fortunato a frequentare avrebbe potuto darmi una posizione nella società civile. E mi rivolgo anche agli organismi della società perchè si riempia il deserto delle nostre strade con sportelli e agenzie che aiutino gli incerti e quelli che non hanno speranza a trovare un proprio futuro e a realizzare progetti di bene».

Intanto, la Procura di Locri ha emesso un provvedimento di fermo nei confronti di Andrea Megale, di 32 anni accusato di essere il responsabile dell’omicidio di Domenico Cavaleri.
Il decreto con cui si dispone il fermo di Megale, con l’accusa di omicidio volontario aggravato, è stato emesso dal pm Giovanna Cannarile, che coordina l’inchiesta sull’omicidio. Dalle indagini per accertare il movente dell’assassinio è emerso che l’episodio relativo allo schiaffo con cui Cavaleri, il giorno precedente l’omicidio, avrebbe colpito il padre di Megale, nel corso di una partita a carte in un bar di Locri, sarebbe stato soltanto l’ultimo di una serie di contrasti tra i due. Lo schiaffo avrebbe indotto Andrea Megale a meditare la vendetta, organizzando l’agguato messo in atto nella tarda mattinata di ieri davanti la scuola media Maresca di Locri, dove Cavaleri era andato a prendere il figlio.
Ma Andrea Megale, al momento risulta ancora irrintracciabile. L’autore del delitto, però, è stato identificato poche ore dopo. Subito sono scattate le ricerche da parte di polizia e carabinieri. Per vendetta, ha sparato cinque colpi con una pistola calibro 7.65, due dei quali hanno raggiunto la vittima alla testa. L’uomo, tra l’altro, ha agito a volto scoperto, raggiungendo la sua vittima mentre attendeva l’uscita del figlio da scuola, di fronte a numerosi testimoni. L’episodio dello schiaffo è stato confermato anche dal padre di Megale alla polizia. Cavaleri era figlio di Maria Cordì, la sorella di Cosimo ed Antonio Cordì, i capi della cosca morti entrambi, il primo ucciso in un agguato nel 1997 ed il secondo deceduto a causa di un tumore che lo colpì mentre era in carcere.

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