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di GIULIA ZAMPINA
Francesco Fortugno, Gianluca Congiusta, Antonino Scopelliti, Salvatore Aversa, Lucia Precenzano. Riecheggiano in un’affollata piazza Plebiscito di Napoli i nomi delle vittime che la Calabria ha sacrificato alla mafia.
«Morti davanti alle quali – ha detto Don Luigi Ciotti dal palco – sarebbe meglio tacere per non urtare troppo il dolore delle loro famiglie». Nel primo giorno di primavera l’associazione Libera ha deciso di commemorare le vittime di tutte le mafie, di quelle che la criminalità organizzata uccidono in maniera strutturata, scientifica. Senza preoccuparsi del vuoto che lasciano nelle famiglie. Un vuoto che Mario Congiusta, papà di Gianluca, sta tentando di colmare con una ricerca continua di giustizia. Tira vento a Napoli, pur essendo il primo giorno di primavera e Mario Congiusta cerca di ripararsi con una sciarpa al collo, ma il freddo che sente nel cuore cerca di sconfiggerlo con un paio di guanti bianchi sui quali c’è scritto “Certezza della pena”. Perchè è questo che la famiglia Congiusta chiede, certezza della pena: «Cosa dovrei fare io quando rivedrò gli
assassini di mio figlio passeggiare per Siderno e continuare a chiedere il pizzo? La verità – continua il papà di Giancluca – è che le forze dell’ordine in alcune parti della nostra terra sono davvero poche e quando comunque fanno il loro lavoro, arriva la decisione di un giudice che vanifica tutto, mette in libertà chi dovrebbe marcire dietro le sbarre».
Sguardo fermo e voce pacata, Mario Congiusta non alza la voce quando dice queste cose, ma il suo è un urlo che arriva diritto al cuore. Anche le istituzioni calabresi erano presenti ieri a Napoli. C’erano il sindaco di Lamezia terme Gianni Speranza, il sindaco di Polistena, Simona dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto e consulente del comune di Catanzaro, il parlamentare Marco Minniti. Sul palco, accanto a don Ciotti, con la presenza che serve da testimonianza anche lo scrittore Roberto Saviano. E che ‘ndragheta non sia un fatto solo calabrese appare chiaro appena sul palco sale una rappresentante
dell’associazione Libera in Piemonte che in maniera fiera racconta: «Noi ora occupiamo un immobile sequestrato alla famiglia Belfiore, riconosciuta come famiglia mandante dell’omicidio Caccia». «La ‘ndragheta in questo momento è la forza criminale più forte – dice Luigi de Magistris, anche lui alla manifestazione di Libera – perchè è quella che ha più disponibilità finanziarie delle altre e soprattutto ha una organizzazione familiare in cui è difficile spezzare i legami e una dotazione di armi che la rende identica a una forza militare».
E’ già primo pomeriggio quando l’onda lunga della legalità comincia a disperdersi, non prima di aver tributato un applauso a quei cinquecento nomi (unico momento di contestazione quando davanti al microfono è salito il presidente della regione Campania Antonio Bassolino) delle vittime di mafia e aver rivolto un pensiero, dice don Ciotti, «a quelli di cui non conosciamo il nome ma per i quali noi continueremo a combattere. Perchè non possiamo chiedere alla politica di fare la sua parte se noi per primi, nella nostra quotidianità, non ci incamminiamo verso la legalità».

Nella foto: Mario Congiusta, padre di Gianluca, vittima della criminalità organizzata

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