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di STEFANIA PAPALEO
Lo scandalo delle lauree vendute all’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, continua a mietere vittime. E, nella rete della Procura, finiscono altri 48 dottori in giurisprudenza, tra avvocati, praticanti e liberi professionisti operanti al servizio dello Stato. Per tutti, ieri mattina, un avviso di garanzia che parla di corruzione, falso in atto pubblico, falso per induzione, soppressione e distruzione di atti, esercizio abusivo della professione forense, emesso dai sostituti procuratori Salvatore Curcio e Paolo Petrolo, contestualmente a un decreto di perquisizione e sequestro con cui i carabinieri della sezione di Pg hanno setacciato gli archivi degli uffici amministrativi dell’Ateneo, alla ricerca di prove a riscontro delle ipotesi di reato formulate dai magistrati. Che, ancora una volta, hanno ripercorso quella catena di complicità che, per anni, avrebbe permesso all’ex funzionario responsabile della segreteria degli studenti di elargire voti gonfiati o per esami mai sostenuti a chi era disposto ad offrire anche poche migliaia di euro per raggiungere più facilmente l’ambito traguardo della laurea.
Fino a quando a portare alla luce i retroscena inquietanti di un meccanismo perverso che potrebbe avere funzionato anche nell’ambito di altre facoltà, ci hanno pensato i due magistrati che, lo scorso anno, hanno già ottenuto l’arresto e la conseguente condanna a tre anni di reclusione di Francesco Marcello.
Da lì era stato un susseguirsi di accuse a carico di ulteriori neo laureati, ai cui nomi si aggiungono i 48 finiti nell’elenco degli indagati di ieri, che conta dieci avvocati iscritti a diversi ordini della Calabria ed anche in regioni del nord dell’Italia (una segnalazione della Procura è già partita alla volta degli ordini interessati), 25 praticanti avvocati e 13 persone che svolgono una professione diversa da quella forense. Quarantotto professionisti, chiamati adesso a difendersi nelle sedi opportune dalle accuse della Procura, supportati in tal senso dagli avvocati di fiducia (tra cui figurano Saverio Loiero, Walter Bitonte, Anselmo Torchia, Antonio Sgromo, Silvano Sardegna, Diego Brancia e Gianni Russano), con il rischio anche della confisca della laurea, sulla scia di quanto avvenuto lo scorso anno rispetto alle tredici conseguite da altrettanti indagati, che avevano preferito patteggiare la pena.
Sulla «situazione che si aggrava e che apre scenari inquietanti» è intervenuto, ancora una volta, il presidente dell’ordine degli avvocati di Catanzaro, Giuseppe Iannello, per esprimere particolare preoccupazione rispetto ai casi di avvocati che esercitano già la professione.
«Il fatto, poi, si commenta da solo – ha sottolineato Iannelli -. Dobbiamo attendere, però, che si concludano le indagini della Procura per capire fino in fondo quanto è diffuso il fenomeno. Nei prossimi giorni ci sarà una riunione del consiglio dell’ordine e non escludo che affronteremo anche questa vicenda. C’è poi un ultimo aspetto – ha concluso Iannello – che va affrontato in modo definitivo. Bisogna capire che cosa intende fare l’Università sui casi che sono stati scoperti dalla magistratura. Vogliamo capire se il titolo di studio è annullato e, quindi, bisognerà rifare l’intero corso di laurea, oppure se sono annullati solamente alcuni esami che vanno rifatti. Su questo tema attendiamo una parola definitiva dall’Università».

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