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Sono trascorsi sette anni dalla morte di Giacomo Mancini (8 aprile 2002) eppure della politica del già segretario nazionale del Psi, più volte ministro, intellettuale meridionalista, si continua a discutere. La Fondazione che porta il suo nome, spiega una nota, «vuole ricordarne a tutti gli italiani, ed in particolare a tutti i calabresi che risiedono nella regione che gli aveva dato i natali e che egli amò profondamente, la figura e l’opera di grande riformista socialista, di meridionalista, di difensore della giustizia in ogni campo, di democratico sempre protagonista di ogni battaglia contro ogni minaccia alla libertà. Oggi più che mai – si evidenzia – la lezione politica, di umanità, di interprete dei bisogni della gente, di realizzatore di grandi progetti ispirati agli interessi generali del paese – sia come uomo di governo, sia come parlamentare e come dirigente socialista – appaiono in tutta la loro evidenza e nella loro attualità. Il riferimento a Mancini – scrive la fondazione – risulta indispensabile in una difficile fase che l’Italia, e soprattutto il Mezzogiorno stanno attraversando nella quale l’esempio dell’impegno riformista dello scomparso leder calabrese viene raccolto dalla più ampia maggioranza degli italiani, i quali reclamano sempre di più un’ampia azione riformatrice della vita pubblica, dell’assetto istituzionale e costituzionale, della giustizia, a cominciare dal principio democratico della separazione delle carriere; della vita economica e dello Stato Sociale, per aumentarne l’incisività e adeguarlo alle novità della tutela, così come la ripresa della politica meridionalistica».

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