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di FRANCO CRISPINI
Lui la politica la fa anche così, non sa prescindere da una idea ed una immagine di sé che in prima persona si espone, annuncia, decide, scherza, si commuove, partecipa. E’ il gran segreto del Cavaliere, lo specchio delle sue virtù e dei suoi difetti: fa sempre leva su dei sentimenti in una trasmissione
diretta alla gente alla quale comunica le sue reazioni, i suoi stati d’animo,
senza ricorso a valutazioni politiche ma attraverso una ben altrimenti sottile politica di catturazione. Le tristi giornate del terremoto, su quegli sfondi lugubri di crolli e rovine, quei paesaggi di morte, consegnano a tutto il Paese il volto del premier con gli stessi segni del dolore e dell’angoscia che si leggevano su quello di migliaia di persone: una commozione portata fino al pianto,
una partecipazione che rendeva credibili le parole rassicuranti e le garanzie
per una ripresa rapida e certa. Il premier voleva fare percepire che con lui lo Stato c’era, e vi riusciva bene placando la disperazione di una folla immensa di senza tetto, stremata dalla paura, ferita mortalmente negli affetti più diretti.
Le immagini di altri ministri compaiono e scompaiono sui teleschermi, solo la sua è stata sempre fissa lì, una presenza assidua tra gli sfollati, nelle tende (persino ricevendo qui una telefonata di Obama con immaginabili effetti di grande ammirazione), tra le macerie, a scambiare sorrisi, a stringere mani, a dare consigli, con continue conferenze stampa, a raccogliere grafici, carte topografiche delle rovine, ad annunciare progetti di ricostruzione, cento progetti
da affidare a cento province sui quali sono state pronte e subito le polemiche
(forse anche previste).
In un quadro di morti e crolli, di altre scosse ed interminabili sciami sismici, in un panorama di desolazione, il volto del premier Berlusconi era quello della
speranza, della decisione rapida di una ripresa, di una ricostruzione senza inganni. Chi aveva ancora presenti le immagini di pochi giorni addietro di un
premier saltellante e birichino, pur nella veste di rappresentante dell’Italia al G20 di Londra, ha stentato non poco a riconoscerlo, teso ed angosciato, in un paesaggio di rovine, morti e devastazione quale è quello dell’Aquila, delle sua provincia, di Onna come inghiottita, sotto lo spavento di micidiali e continuate scosse sismiche. Il premier a suo modo trasmette fiducia e sicurezza: sicuramente
quelli che lo vedevano, gli italiani che ne seguivano le mosse o ne ascoltavano la voce attraverso le trasmissioni televisive, non potevano mancare di avvertire che lo Stato si materializzava in una persona sollecita, attenta, che era come un soccorso più grande rispetto a tutti gli aiuti che si stavano prestando. Sotto quell’occhio vigile la macchina organizzativa non poteva non funzionare e perdere colpi come tante altre volte. Ma quello che soprattutto si voleva trasmettere a chi guardava lo scenario sconvolgente creato dal terribile sisma (abitazioni, opere d’arte, tutti rasi al suolo, altri sventrati e pericolanti), la gente infreddolita, disperata, accampata nelle tende o alla ricerca di un alloggio, quello che si voleva far pensare era che nell’immediato e per il futuro prossimo non potevano sussistere confronti con situazioni analoghe del passato (il Belice, l’Irpinia): già ci si stava muovendo molto meglio e anche dopo non si sarebbero
fatti errori. Si capiva chiaramente che il premier stava facendo una scommessa, stava impegnandosi in un patto, voleva dare una prova di come si poteva esser capaci di uscire fuori da una immane sciagura: la cosa importante è che le migliaia di persone che piangono i propri morti, che non hanno più una casa, travolti dal lutto e dalla miseria, ricevano la consolazione non dalla politica ma
da un uomo vitale (sveglio da quaranta ore !) che sta vivendo in mezzo a loro questi tragici momenti ed ha il potere di rimettere tutto a posto, di dare quel che la gente chiede, di aprire varchi alla speranza. Niente può far credere che vi sia ostentazione, che dietro una facciata rassicurante di dichiarazioni di impegno, persino di una offerta di qualcuna, tre, delle sue tantissime case e ville, quale personale contributo, possa nascondersi un bluff, possa esservi una volontà ingannatrice. No, in quei momenti la sincerità deve potersi chiaramente avvertire ed il premier difficilmente si lascerebbe tradire da una doppiezza di intenti. Altro elemento che rafforza la sincera passione filoitaliana: pure
con la solita eccessività, il Cavaliere non risparmia energie per esaltare le
qualità del suo popolo che sa rinascere dalle sventure. Questo gli fa gradire gli aiuti internazionali per la ricostruzione (che sarà veloce in tempi rapidi e soprattutto certi), ma non di poter accettare soccorsi (ruspe, tende medicinali): siamo in grado di rispondere alle nostre esigenze in piena autosufficienza, dichiara, siamo un popolo fiero, bastiamo da soli. Insomma, è davvero incredibile essersi trovati di fronte ad un Cavaliere così diverso da quello che in tante occasioni difficilmente si riesce ad ammirare e che ora invece sa fare nascere vere simpatie.

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