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di TERESA ALOI
In quella scarpata, a ridosso della statale 106, tra Isca Marina e Badolato,
due centri del Soveratese, ci è rimasto quattro giorni. Senza che nessuno si accorgesse della sua scomparsa. Senza che nessuno avesse denunciato la sua lunga assenza. Solo ieri mattina, il corpo di Armando Feudale, 42 anni, di Isca, nascosto tra sterpaglie e da un fitto cannetto, è “riemerso” alla luce.
A rintracciarlo i carabinieri di Badolato al comando del luogotenente Antonio
Quaresima, che su segnalazione di Andrea Steffanelli, 24 anni, sono andati proprio lì, dove il corpo senza vita di Armando Feudale giaceva già da qualche
giorno. E’ stato lo stesso ragazzo ad indirizzare i carabinieri di Badolato in quel preciso posto occultato dalla folta vegetazione (il giovane era andato prima dai carabinieri di Isca ma non aveva trovato nessuno poichè i militari erano fuori in servizio di perlustrazione del territorio). Ha raccontato la sua versione dei fatti, versione ribadita nel corso dell’interrogatorio davanti al sostituto procuratore Francesco De Tommasi, assistito dal suo avvocato Salvatore
Staiano. Venerdì santo, intorno alle 21,15, aveva appuntamento con la sua ragazza e proprio lei stava raggiungendo quando sul rettilineo, sulla strada che porta
fino a Badolato, poco illuminato, la sua auto, un’Opel Vectra, aveva urtato
qualcosa. Un rumore sordo, un grande tonfo. Il vetro del finestrino lato passeggero che si infrange, compreso lo specchietto retrovisore fino a scoppiare
tanto che alcuni frammenti di vetro arrivano a colpire il giovane. Poi, il silenzio. Il buio della sera, nonostante il giovane abbia raccontato di aver acceso le luci abbaglianti, non rivelano nulla. Dieci metri e Andrea Steffanelli
ferma l’auto. Scende, percorre a piedi qualche centinaia di metri per scorgere
qualcosa. Forse un animale o un segnale stradale preso di striscio. Nulla.
Torna a casa, rimanda l’appuntamento con la sua fidanzata e racconta tutto ai suoi genitori. Torna sul posto, la mattina dopo e l’altra ancora. Ma ancora nulla.
Né una carcassa di animale, nè tanto meno pezzi di segnaletica andati in
frantumi. Poi, ieri mattina, la tragica scoperta, nel corso dell’ennesimo sopralluogo. Ad attirare l’attenzione del giovane, sul posto con il carrozziere il fratello, quella macchia di colore nel verde della sterpaglia. Un giubbino imbottito blu, accanto, a pochi centimetri, la giacca catarifrangente che forse Armando Feudale (nella foto) indossava o non aveva fatto in tempo ad indossare. Macchie di sangue sulla spalla e sulle gambe. Immediato l’allarme ai carabinieri che pochi minuti dopo sono arrivati sul posto per effettuare i primi rilievi, insieme al medico legale dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, Irene Colosimo, che stamattina dovrebbe ricevere l’incarico dalla Procura per effettuare
l’esame autoptico che potrà essere più preciso sull’ora e sulle modalità del decesso. Su tutto, le dichiarazioni del giovane che ha ricostruito quanto fosse accaduto la sera di venerdì. Una versione riferita anche al sostituto procuratore De Tommasi ieri pomeriggio nel corso dell’interrogatorio, al termine del quale
non è stato adottato alcun provvedimento restrittivo nei confronti del ventiquattrenne che resta comunque indagato, in stato di libertà, per omicidio colposo e omissione di soccorso. Antonio Feudale viveva con la madre a Isca sullo Jonio e soffriva, secondo la ricostruzione dei carabinieri, di problemi psichici.
Spesso si allontanava da casa per alcuni giorni e, quindi, nessuno aveva presentato denuncia per la sua scomparsa. La donna, a causa delle sue condizioni
psichiche, non aveva neppure segnalato ai carabinieri la scomparsa del figlio
ritrovato cadavere ieri mattina.

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