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Sono una ventina le ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Catanzaro, per associazione mafiosa, omicidio, tentato omicidio, porto abusivo di armi, estorsioni e riciclaggio. L’operazione è stata denominata in codice «Ghibli».
Al centro delle indagini, la guerra di mafia che negli ultimi anni ha visto contrapposte le cosche della provincia di Crotone e culminata nell’agguato a Carmine Arena, ritenuto un boss dagli investigatori, e avvenuto nell’ottobre del 2004. Nell’ambito dell’operazione sono stati anche sequestrati beni per oltre 30 milioni di euro, fra i quali alberghi di lusso e complessi industriali del crotonese. Tra gli episodi contestati agli indagati, numerose estorsioni a commercianti e l’imposizione di tangenti ai titolari di strutture alberghiere.
SEQUESTRATI E MOVENTE
Tra i beni sequestrati contro la cosca Arena c’è anche l’Hotel Corsaro di Isola Capo Rizzuto che di recente è stato ristrutturato grazie ai fondi della legge 488. È uno degli elementi emersi dall’incontro con i giornalisti in cui i magistrati della Dda e carabinieri del Ros hanno illustrato a Catanzaro i particolari dell’operazione. Per la ristrutturazione dell’hotel è stato concesso un finanziamento di 750 mila euro. È stata sequestrata anche una discoteca annessa all’hotel, oltre ad una serie di rapporti bancari ed investimenti assicurativi. Le indagini sono partite dall’omicidio il 2 ottobre del 2004 del boss Carmine Arena, cui fece seguito, come risposta, l’assassinio di Pasquale Nicoscia, appartenente ad un gruppo criminale rivale di quello degli Arena. Un’altra risposta per l’omicidio di Arena fu il tentato omicidio a Catanzaro di Domenico Bevilacqua, detto «toro seduto», capo di un gruppo criminale legato alla comunità dei nomadi.

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