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Gent.ma redazione de Il Quotidiano,
sono Patrizia Riso ho 21 anni e studio Scienze Politiche all’Università di Messina. Vivo a reggio calabria, la mia città e oggi avrei voluto partecipare al filmfest, il festival di cinema italiano della nostra città, ma mi è capitato qualcosa di partcolare:

Quando “la casta” non sai nemmeno chi è – Anomalie del Filmfest di Reggio Calabria

Quinta edizione del Reggio Calabria Filmfest. Evento che da’ lustro ad una città come Reggio che non è mai stata sotto i riflettori nazionali per la sua vita culturale, che però nel suo piccolo, non ha nulla da invidiare ad altre città. Ho partecipato da spettatrice ad ogni edizione. Quest’ anno tra gli eventi uno in particolare attira la mia attenzione, la proiezione del film Fortapasc, che racconta la storia di Giancarlo Siani (giornalista de Il Mattino ucciso dalla Camorra nel 1985 ndr), è prevista presso il Carcere Circondariale della città, alla presenza degli autori. Mi meraviglio, e mi ritengo fortunata per il fatto di poter vedere un film cui tengo molto, con gli autori in sala e, con la scusa, poter accedere ad un ambiente “particolare” come quello del carcere. In più alla fine della proiezione è previsto un dibattito con i detenuti. Da aspirante giornalista ritengo sia un’occasione da non perdere…vivo anche non lontano dal carcere! Sacrifico mezza giornata di studio e mi reco a quello che ritengo sarà per qualche ora una sorta di cinema alternativo. È il 23 aprile, festa del patrono della città, S.Giorgio, e a Reggio Calabria splende il sole, ma non per i liberi cittadini che vogliono partecipare quella mattina al Filmfest. La guardia carceraria all’ingresso mi chiede il nome “Patrizia Riso”, rispondo, “sono qui per assistere alla proiezione del film”. Lo vedo controllare un foglio in cui sono presenti non più di una ventina di nominativi. Sorpresa, il mio nome non è in lista! “Sono una libera cittadina, non sapevo ci fosse una lista in cui inserirsi.” E mostro quella che ritengo una prova inconfutabile delle mie buone intenzioni: il volantino del Filmfest in cui si legge chiaramente “L’ingresso alle proiezioni e agli incontri è libero fino ad esaurimento posti per le giornate del 22, 23 e 24 Aprile”. La guardia mi dice che è necessaria un’ autorizzazione per entrare. Gli dico che non è stato scritto da nessuna parte e che normalmente il Filmfest è sempre stato aperto a tutti i liberi cittadini. Mi rendo conto però che lui non ha nessuna colpa e gli chiedo di poter parlare con gli organizzatori per spiegare a chi di dovere le mie ragioni. La guardia fa una telefonata. Niente da fare gli dicono, necessaria autorizzazione e lista. Quindi è proprio vero, era bene informato, lui. Protesto per altri dieci minuti, poi l’impassibilità della guardia (il cui comportamento comprendo dal punto di vista professionale) mi convince a lasciar perdere, dandomi modo però di elaborare alcune riflessioni: Da quando il Filmfest è diventato un evento solo per “autorizzati”? Perché i cittadini, quelli normali senza conoscenze in paradiso, non vengono informati in maniera adeguata sulle modalità di accesso agli incontri? E qui apro una parentesi. Chiunque capisce bene che, normalmente, è necessaria un’ autorizzazione per entrare in un luogo superprotetto come un carcere, ma se io leggo in un volantino “informativo”, queste testuali parole: “Giovedi 23 aprile, ore 10.30, evento speciale presso il carcere circondariale di Reggio Calabria, proiezione del film Fortapasc di Marco Risi alla presenza degli autori. A seguire dibattito con i detenuti”, vedo in quel termine, “speciale”, l’eccezione che conferma la regola. Le porte del blindato carcere si aprono per i “liberi cittadini” è il caso di dirlo, per un evento culturale e sociale “speciale”. E davvero lo sarà stato, per i detenuti che hanno vissuto una giornata particolare e per quella ventina di eletti, che non ci è dato sapere chi siano. Massima contentezza per i detenuti si intenda, ma che vogliamo dire degli autorizzati? Dovrei gioire per loro? Mentre ci penso su, mi sovviene un’altra riflessione. Perché non scrivere sul benedetto volantino che l’accesso sarà permesso solo su autorizzazione? Per lo meno, sarebbe valso il famoso “ignorantia legis non excusat”. Gli interessati avrebbero forse cercato di ottenere l’autorizzazione o magari si sarebbero accontentati da subito di leggere gli articoli o i comunicati stampa sull’evento, noleggiando poi il film o scaricandolo da internet (poi ci si chiede perché esista la pirateria). I più maliziosi potrebbero pensare: scriverlo non avrebbe giovato all’immagine del Filmfest, meglio lasciarlo alla comprensione generale. La gente lo capirà. La gente è intelligente, tanto intelligente che, e forse questo non è stato considerato dagli organizzatori, probabilmente a volte vuole vedere un film che non è esattamente distribuito bene come le Vacanze di Natale di De Sica e compagnia bella. L’ultima riflessione che mi viene da fare è: perché questa limitazione all’accesso avviene proprio per un film, forte e sicuramente bello (ancora se ancora non sono in grado di dirlo) come Fortapasc? Che senso ha organizzare la proiezione di un’ opera di tale rilievo con gli autori in sala, se poi nessuno (eccetto gli autorizzati s’intende) se ne può giovare? I miei dubbi troveranno risposta, o devono aspettare di essere autorizzati ed inseriti in una lista?
Patrizia Riso

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