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di FILIPPO BUBBICO
Vedo che il prode Vulpio continua a diffamarmi, contando sull’immunità che disperatamente cerca per accrescere la sua visibilità e tutelarsi meglio. Ovviamente sarà di nuovo querelato, ma tanto per lui non pare essere un problema: è stato condannato; è stato rinviato a giudizio; risulta indagato per reati gravissimi. E’ tanto esuberante dai palchi, quanto muto davanti ai magistrati che lo interrogano. Per parte mia non ho mai infierito e mai infierirò contro le persone che hanno ricevuto una condanna, alle quali non può certo essere negata la speranza di poter utilizzare i cavilli e le lungaggini del nostro sistema giudiziario per farla franca. Ma la dignità e l’onorabilità delle persone, soprattutto se ricoprono cariche pubbliche o aspirano ad ottenerle, è un’altra cosa. E quindi sarebbe cosa utile, per tutti, non sottrarsi al lavoro e alle decisioni dei magistrati.
Decisioni che fino a quando non vengono modificate da una nuova sentenza restano valide. Faccia i conti con se stesso, l’esuberante Vulpio. Parli di se, delle sue condanne, dei suoi rinvii a giudizio, dei suoi silenzi di fronte alle domande del magistrato, delle indagini che lo riguardano per reati gravissimi.
Io rispetto la legge, il lavoro dei magistrati e le sentenze dei giudici. Non sarebbe male che altrettanto facesse De Magistris nelle sue nuove vesti di candidato, rinunciando a strumentalizzare le indagini di cui è stato titolare e che finora hanno prodotto solo la descrizione di un teorema non supportato da fatti. La magistratura che lavora senza i clamori delle cronache saprà certamente valutare ogni aspetto di questa vicenda. Poi ognuno trarrà le proprie conclusioni. Pare che nella sua foga oratoria Vulpio abbia gentilmente paragonato le cronache giudiziarie lucane a quelle di Corleone, in Sicilia.
Con tutto il rispetto che si deve alle persone oneste, che sono la stragrande maggioranza dei cittadini siciliani, il paragone sembra un po’ azzardato.
Si vede lontano un miglio che Vulpio e De Magistris non sono lucani, non conoscono la nostra storia e le virtù di un popolo che non si è fatto mai impressionare da chicchessia, come ha dimostrato in altre e ben più serie circostanze.

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