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di ROBERTO LOSSO
Dice bene Agazio Loiero. È venuto il tempo dell’etica della responsabilità e dell’autocritica. Innanzi tutto, per quanto riguarda la qualità dei rapporti con il governo centrale e con il centrodestra calabrese. Non era necessaria, però, l’entrata a gamba tesa sulla sanità per rendersene conto. Era già tutto scritto. Fin dallo scorso anno. Quando Silvio Berlusconi alla Calabria promise due cose. Il Ponte sullo Stretto e lo scioglimento del consiglio regionale.
Raccolse applausi. Quasi si trattasse di un piano Marshall. Mentre, in realtà, assumeva impegni fumosi sul piano dello sviluppo. E, nel contempo, dava per certo che, nelle istituzioni regionali, esistesse un grave problema di legalità. Furono in pochi a protestare. Specialmente nel popolo del Pdl.
Nonostante il premier non avesse espresso particolari distinguo, associando, di fatto, anche la sua parte politica alle manchevolezze morali che giustificavano, a suo dire, un provvedimento così radicale e devastante. In molti si illusero che fosse propaganda elettorale.
Entrambe le prospettive, infatti, erano impraticabili. Quella del ponte perché non c’erano neanche i soldi per aprire i cantieri. E quella dello scioglimento perché, almeno per il momento, esistono procedure e regole che non consentono al comandante in capo di fare scempio della democrazia. Anche il centrosinistra
pensò che, una volta fatto il pieno di voti, Berlusconi avrebbe mollato la presa, aprendosi a un confronto più costruttivo. Anzi. Più civile, come dice Loiero. Nell’attesa, la giunta regionale non ha premuto l’acceleratore del ricambio nei posti-chiave dell’amministrazione. Anzi. Ha favorito forme imbarazzanti di continuità e trasformismo premiato. Peraltro, in ruoli strategici. Sia dal punto di vista politico-programmatico sia da quello tecnico-gestionale.
Quasi che questa tacita e dilagante contaminazione bipartisan rappresentasse un salvacondotto per assicurarsi la benevolenza del governo centrale e la non belligeranza del centrodestra calabrese. Né è venuta fuori una stridente anomalia compromissoria, che, quasi per inerzia, ha riportato in auge quel management
chiacchierato e distratto che, da trent’anni, fa il bello e il cattivo tempo. A prescindere dal colore politico di chi governa.
Il fenomeno è diffuso e attraversa tutti i gangli vitali della Regione. Anche se appare più vistoso e marcato nella sanità. Laddove non c’è più traccia dei direttori generali delle Asl venuti da lontano che, nell’originaria impostazione
dell’onorevole Doris Lo Moro, dovevano fare la differenza. Tracciando in maniera irreversibile il passaggio da una gestione approssimativa del pianeta-sanità a
un sistema integrato che ne controllasse la qualità delle prestazioni e dei flussi di spesa. Sono stati decapitati. Uno dopo l’altro.Anche quelli che avevano fatto bene. E che avevanoimpostato piani dirisanamento credibili e condivisi a fronte di situazioni drammatiche e sospette. Come l’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello. Fino a oggi il centrodestra ha incassato i suoi dividendi politici. Non ha fatto storie né mosso critiche sostanziali all’operato della giunta Loiero. All’improvviso, il giocattolo si è rotto. Anche nei salotti romani.
Quelli buoni. Frequentati da Gianni Letta, Francesco Cossiga e Andrea Monorchio. È poco convincente, però, dire che ad accelerare la crisi del modello-Calabria sia stata l’esplosione del debito della sanità. Ci avrebbero messo una pezza. È più probabile che siano saltate le triangolazioni che facevano della nostra regione una terra di nessuno. Evidentemente Berlusconi vuole tutto. Anche al Sud. Quindi, non consente più ai gruppi dirigenti locali posizioni defilate e “civili”. Li vuole in trincea. A incominciare da Pino Gentile, al quale è stato chiesto di espugnare l’amministrazione provinciale di Cosenza. Adesso, nel centrosinistra, si accorgono che il Cavaliere non fa prigionieri.
Quindi, si indignano e si scandalizzano. Quando annuncia telefonicamente, durante un meeting elettorale, che la sanità calabrese sarà commissariata. A che serve, oggi, denunciare che gran parte della voragine nei conti pubblici è stata prodotta dal centrodestra? Bisognava dirlo subito ai calabresi, mettendo fuori gioco i manager che hanno tenuto il sacco ai predatori delle Asl e degli ospedali. In ogni caso, uno scatto d’orgoglio è meglio di niente. Può tornare utile. Nel frattempo, il premier non fa sconti. Né alla Calabria. Né a Loiero. Vuole stravincere. È anche una questione di gossip.

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