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La prima sezione civile del tribunale di Catanzaro ha condannato il ministero dell’Istruzione a risarcire la famiglia di una diciassettenne di Vibo Valentia, Maria Rosaria Grillo, suicidatasi a scuola nel 1996. Maria Rosaria, una mattina del mese di giugno di 11 anni fa, dopo essersi recata tranquillamente a scuola, si era chiusa nel bagno e si era impiccata all’avvolgibile di una finestra con una cinta di cuoio che si era portata da casa.
Un suicidio quindi pianificato nei minimi particolari per motivi personali e familiari, così si disse allora.
Ad intentare causa era stato il padre della ragazza col patrocinio degli avvocati Giuseppe Costabile e Rosanna Trapasso.
Il giudice, Maria Rosaria Di Girolamo, ha ritenuto che il «decesso di Maria Rosaria Grillo si è verificato per responsabilità del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca», riscontrando il mancato rispetto del «contratto di protezione» che «intercorre tra l’allievo e l’istituto scolastico».
Da qui la sentenza al risarcimento di «221.562 euro, oltre gli interessi legali dalla data della sentenza fino al saldo», che il ministero dovrà pagare alla famiglia della diciassettenne.
La sentenza depositata dal giudice di Girolamo, richiamandosi ad altri pronunciamenti della Suprema Corte di Cassazione, così recita: «se è vero che il caso può definirsi evento «imprevedibile», è però altrettanto vero che, a fronte di tale evento normalmente ed umanamente imprevedibile, deve essere individuato e delimitato l’ambito dei doveri facenti capo all’Istituto scolastico e, più specificamente, all’insegnante La scuola – l’Istituto magistrale, con i suoi insegnanti e il suo personale, e quindi il Ministero dell’Istruzione – avrebbe quindi omesso di porre in essere tutte quelle condotte di «protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona».

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