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di CARLO SICILIANI
Il 9 luglio Confagricoltura terrà a Roma la sua Assemblea nazionale. Recentemente il suo presidente Federico Vecchioni ha consegnato al ministro Zaia il documento sulla crisi del settore agricolo che, oltre a proporre una serie di azioni finalizzate ad attivare interventi di settori mirate alle criticità in atto, rimarca come l’eccesso di attività burocratico-amministrative è di per sé un problema per le imprese. E’ ineludibile un intervento legislativo.
Vecchioni già due anni fa ha “pesato” la burocrazia. Il carico complessivo su un’azienda agricola italiana di medie dimensioni in termini di tempo significa due giorni a settimana; oltre 100 in un anno dedicati, anche dalle imprese agricole calabresi, per compilare carte. E il peso degli adempimenti diventa ancora più grande con il decentramento sul territorio.
L’“agro-burocrazia” è alimentata da un migliaio di istituzioni che si occupano del comparto agricolo, con un esercito di “colletti verdi”: 1,2 milioni di impiegati nelle strutture pubbliche, a fronte di circa 1,5 milioni di agricoltori in Italia.
Ci sono una montagna di adempimenti che non danno alcuni tipo di beneficio; prendiamo i consorzi di bonifica. Fatte le dovute distinzioni fra Consorzi che gestiscono le acque e che danno servizi alle aziende e quelli a cui è affidato un compito manutentivo, ritengo che in assenza di servizi concreti per le imprese, il contributo richiesto si traduca esclusivamente in un onere dai connotati finanziari e burocratici.
Altro caso è quello dei costi del sistema di qualità; la valutazione non può prescindere dal rapporto costi/benefici. Se la denominazione o altra “certificazione”, non produce effetti reali per le imprese e non è elemento di competitività ha poco senso. E potrei continuare con gli enti di sviluppo agricolo, le comunità montane, l’agenzia forestale…
Una sottolineatura sul “costo” delle Province. La semplificazione degli assetti istituzionali dello Stato deve seguire l’evoluzione del sistema paese. Nulla di personale verso gli amministratori, spesso capaci e illuminati, ma è evidente che compiti e funzioni non sono più attuali e vanno ridisegnati. La voce principale di Bilancio delle Province è quella di “amministrazione generale”, in particolare per la segreteria generale e gli organi istituzionali, con un aggravio di 44 euro ad abitante, che in Calabria è addirittura di 84 euro.
Le Province spendono più per il proprio “auto-mantenimento” che per l’istruzione ed i trasporti (per i trasporti le Province calabresi spendono 1,22 euro per abitante a fronte di una media nazionale di circa 22 euro)…
I costi amministrativi delle normative comunitarie nel settore costano a tutti gli agricoltori europei fra 3,9 e 4,4 miliardi di euro; una somma quasi pari a quanto riceve l’Italia per la politica agricola comune.
Gli oneri per le imprese agricole italiane ammontano a circa 420 milioni di euro, il 10% circa di quanto si incassa da Bruxelles, una percentuale eccessiva… e noi stimiamo almeno 30 milioni di euro per la sola Calabria. Complessivamente, il peso sulle finanze pubbliche del sistema amministrativo predisposto per l’agricoltura ammonta a circa 61 miliardi di euro ogni anno.
Per la competitività e per fronteggiare la crisi in atto, è importante sburocratizzare… meno carte, meno timbri e più respiro, denaro e tempo, per l’attività imprenditoriale.

Membro della Giunta esecutiva della Confagricoltura

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