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di ANTONIO CORRADO
DA settimane non si parla d’altro nei corridoi di piazza San Francesco numero 2: venerdì 11 la Banca d’Italia chiuderà la storica filiale di Matera. Dopo più di ottantuno anni, la città dei Sassi perde un pezzo importante del tessuto economico-finanziario, soprattutto sotto il profilo della garanzia e del controllo interbancario.
Abbiamo cercato di vivere una “mattinata di dismissione” insieme con il personale e la direzione dell’istituto bancario, assediato da operai e facchini che portano via strumenti e suppellettili, svuotando il palazzo di tremila metri quadri, dove ha sede l’istituto nato il 22 giugno del 1928, in piena era fascista. Ascoltando i colloqui degli impiegati si coglie solo un grande sentimento di amarezza, con tanti pensionati correntisti che si affrettano a ultimare le adempienze per il trasferimento del conto alla sede di Bari, o in alternativa direttamente all’Inps. Nessuno ha perso il buon umore, almeno in apparenza.
Attualmente i dipendenti sono 22, quasi tutti materani, molti di loro hanno rinunciato a una carriera fatta di trasferimenti continui per restare nella città che amano; ma oggi, da semplici sportellisti o impiegati di terminale, si trovano comunque trasferiti, con la beffa di non essere neppure in carriera. In dieci hanno deciso di gettare la spugna, accettando di essere “accompagnati all’uscita”, avendo raggiunto i limiti pensionistici (35 anni) per l’Inps, ma non per l’istituto (40 anni). Dunque, la Banca dà loro la possibilità di integrare stando a casa. Degli altri nessuno ha accettato passivamente il trasferimento d’ufficio alla filiale regionale di Potenza, che rimarrà l’unico presidio operativo in Basilicata, perché uno ha chiesto il distaccamento presso l’Inps e sei hanno assunto il giogo di un traferimento a Bari. «Vi ricordate solo oggi che la Banca d’Italia chiude a Matera», ci hanno detto alcuni provocatoriamente, mettendo in luce il loro risentimento, mentre altri poco più che cinquantenni sono già entrati nella parte di nonni baby sitter, o sono orientati al mondo del volontariato. Il progetto di riorganizzazione è stato approvato dalla dirigenza nazionale dell’istituto bancario nel settembre del 2008, la dismissione è iniziata quindi da un anno e quella di Matera sarà l’ultima tranche, insieme con Lucca e poi a novembre Vercelli. Abbiamo incontrato la direttrice dell’istituto cittadino, Elide Anna Criscuolo, di origini pugliesi e già trasferita a Taranto, che insieme al ragionier Cormio ci ha aiutato a capire cosa comporterà la soppressione della filiale materana.
«In sostanza cambierà poco -ci ha detto- perché tutte le funzioni verranno assunte dalla sede regionale di Potenza, con molti servizi che si potranno anche erogare per via telematica, attraverso i collegamenti con le pubbliche amministrazioni e le banche, in quanto oggi i sistemi di pagamento si sono evoluti. Non verranno meno i servizi alle imprese e le relazioni economiche annuali verranno comunque predisposte e pubblicate dalla filiale di Potenza, dove si trasferirà anche la Tesoreria. Ci dispiace per i dipendenti che hanno dovuto rivoluzionare la propria vita, ma c’è da dire che la banca è stata molto disponibile con tutti, sia agevolando i pensionamenti, sia predisponendo una serie di aiuti a chi si dovrà trasferire, attraverso integrazioni sul trasporto e l’eventuale canone d’affitto, considerando la differenza di costo della vita tra Matera e Bari».
In effetti la chiusura della Banca d’Italia a Matera toglierà all’istituto la prerogativa della vigilanza interbancaria, trasferita a Potenza e di fatto assunta dalla Prefettura, che comunque dovrà usufruire della consulenza di un funzionario potentino. Quindi, mentre prima un cittadino che si riteneva truffato o danneggiato dal sistema bancario locale, si poteva rivolgere alla dirigenza della Banca d’Italia materana per denunciare i fatti, oggi deve andare a Potenza, oppure in Prefettura, con tutte le complicanze del caso.
Ufficialmente il progetto di riorganizzazione nazionale è finalizzato a ottimizzare le risorse, ma è innegabile che la prima responsabilità della scelta è in capo alla politica. Solo così si può spiegare il paradosso della “potente” Sicilia, dove su nove filiali ne sono rimaste ben sette; oppure la sopravvivenza della sede di Sondrio, frequentata da un solo impiegato; oppure la stranezza dell’Emilia Romagna, dove è stata soppressa la storica sede di Modena, ma è rimasta in piedi quella di Reggio Emilia.
In Basilicata, terra delle grandi distanze e dei pessimi collegamenti, la politica ha deciso la chiusura, costringendo di fatto sei famiglie a imbarcarsi in viaggi quotidiani della speranza per Bari e togliendo a una provincia vasta un presidio importante. Da lunedì prossimo, l’unica filiale della Banca d’Italia sulla fascia jonica sarà quella di Taranto. A chi è servito?

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