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di ANTONIO CORRADO
Si è ucciso con un colpo secco al petto, esploso dalla pistola d’ordinanza nella camera del suo alloggio di Monza, l’assistente capo di polizia penitenziaria, Antonio Bamunto, 38 anni, originario di Calciano, ma da anni in servizio presso la grande Casa Circondariale lombarda.
La tragedia si è consumata sabato notte e si è appresa da una nota del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe).
Secondo la prima ricostruzione di fatti, a scoprire il corpo senza vita sarebbe stato un collega che era andato a svegliare Bamunto per consentirgli di prendere servizio, dando il cambio di turno.
L’assistente si sarebbe sparato con la pistola di ordinanza. Ancora ignote le cause del gesto disperato, anche perchè, apparentemente, l’uomo, che non era sposato, avrebbe sempre mantenuto una condota impeccabile, lavorando senza manifestare malesseri. Evidentemente la depressione gli covava dentro.
La direzione del carcere ha aperto un’inchiesta interna, per stabilire le probabili cause del suicidio, in queste ore saranno sentiti anche i colleghi di Bamunto, che alloggiava in una struttura esterna alla Casa circondariale, dove sono oggi reclusi circa 850 detenuti, con un personale carcerario pari a 300 unità, di cui solo 80 adibite ai turni di guardia, come il 38enne materano. Probabilmente lo stress da superlavoro, unito alla tipologia della mansione e al recente trasferimento nel nuovo carcere di Capanne nel Perugino, hanno dato il colpo di grazia a un uomo già sofferente. Infatti, secondo le prime indiscrezioni, Antonio Bamunto aveva chiesto il trasferimento a Matera, ma come prassi consolidata nell’organizzazione carceraria, era stato solo avvicinato, vista la situazione di congestione, anche per gli agenti penitenziari, negli istituti del Sud.
Secondo quanto raccontano i suoi amici e colleghi, il giovane calcianese aveva manifestato subito dispiacere per questo trasferimento. Quello di Perugia, infatti, è un carcere più recente, aperto tre anni fa, e da poco era entrata in esercizio una nuova ala, con 150 detenuti. Bamunto doveva andare lì, aveva già fatto una piccola festicciola di arrivederci con i suoi colleghi e aveva promesso che proprio oggi (lunedì), sarebbe passato a salutarli. Dal 1997 sono ben 97 gli agenti di Polizia penitenziaria morti suicidi; solo ieri un altro caso a Venezia, nel 2008 si sono registrati ben 13 casi.
«Bamunto vedeva che altri più giovani di lui venivano subito accontentati e a lui invece continuavano a rinviare la richiesta. -hanno raccontato alcuni colleghi- Per questo sembra stesse cadendo in depressione».
Il magistrato di turno ha fatto un sopralluogo nell’alloggio dell’agente nella caserma del carcere e poi ha fatto mettere i sigilli.
«Era un grande lavoratore e il suo lavoro gli piaceva ma avrebbe voluto tornare vicino casa. -hanno raccontato i colleghi- Da 18 anni lo spostavano da un carcere all’altro in Lombardia e si sentiva demoralizzato. Purtroppo era ancora celibe e quindi la precedenza nei trasferimenti, secondo prassi, viene data a chi ha moglie e figli». Alcuni giorni fa l’assistente capo aveva finalmente ricevuto la comunicazione del suo trasferimento, ma grande è stata la delusione quando ha scoperto che la destinazione era Perugia e non Matera. Si è sentito quasi preso in giro, è caduto nella disperazione, continuava a ripetere che per lui cambiava poca stare a Monza o Perugia, perchè in ogni caso era troppo lontano da casa.

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