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di PIERO LACORAZZA
Gli interventi di Salvatore Margiotta e Antonio Luongo pubblicati in queste pagine hanno l’indubbio merito di rilanciare, dopo le inevitabili forzature del confronto congressuale, la riflessione sul futuro del Pd in Basilicata. Per quanto mi riguarda partirei da una domanda: chi ha lasciato all’Udc lo spazio per poter determinare i giochi della politica italiana nell’ultimo periodo? Pensavo (e nel mio piccolo ho anche cercato di mettere in pratica questa idea) che dopo la sconfitta elettorale del 2008 avremmo dovuto lavorare alla costruzione un nuovo Centrosinistra, niente di più e niente di meno di quello che sta cercando di fare Bersani, eletto qualche mese fa nel tentativo di dare un profilo politico al Pd, di costruire un’idea per il futuro dell’Italia e un’alleanza sociale e politica che costituisca la vera alternativa alla destra. E sono tuttora convinto che c’è lo spazio per un’azione politica in grado di affrontare, in un tempo, i temi della crisi economica e la sfida federalista della riorganizzazione dello Stato. A proposito: in Basilicata questa sfida nasce anche sotto il segno dell’approvazione unanime da parte del Consiglio regionale (dietro unanime indicazione della direzione del Pd) dell’abolizione del listino, che è solo il primo segnale dell’apertura di una stagione di riforme tese a favorire il rafforzamento delle istituzioni e il rinnovamento della politica. Una stagione che richiederà di riscrivere lo Statuto regionale anche alla luce del dibattito sul ruolo delle Autonomie nell’epoca del federalismo fiscale, e che naturalmente troverà la sua piena attuazione in una nuova legge elettorale. Ma che con l’abolizione del listino può, appunto, vedere da subito la realizzazione concreta di un significativo segnale che serve per restituire ai cittadini la piena titolarità di scegliere la propria rappresentanza.
Una cosa essenziale per costruire un’alternativa credibile, che dia fiducia nella politica e che sappia essere al tempo stesso pragmatica e sognatrice. E forse l’esito delle primarie in Puglia ci dice proprio questo. Che senso aveva il no a Vendola? C’era un progetto alternativo? No, c’era “l’alleanza con l’Udc”. Questo, almeno, hanno capito i più. E al di là della dimensione politica nazionale di questo dibattito (unire le opposizioni, costruire una coalizione larga per battere le destre, ecc., tutti temi che non voglio certamente sottovalutare), dalla Puglia una qualche lezione dobbiamo impararla: bisogna ritornare ai temi che Roberto Speranza ha indicato nel dibattito congressuale mettendo al centro il futuro della Basilicata, le regole, il rinnovamento e la mobilità della classe dirigente.
Temi su cui ci siamo scontrati nella discussione congressuale, che oggi ritornano in un confronto che deve essere più sereno ma altrettanto chiaro. Perché è vero, come dice Luongo, che la classe dirigente ha saputo fare le ‘fasciature ortopediche’, ma è altrettanto vero che per ricomporre le fratture bisogna ancora lavorare e sostenere Roberto Speranza nell’azione di rinnovamento di cui tutti abbiamo bisogno. E soprattutto perché non possiamo non vedere le fratture presenti fra politica e cittadini, ed i fattori di crisi economica e sociale che purtroppo appesantiscono il grido di dolore che viene dalla società lucana. Il Pd deve essere un passo avanti rispetto all’azione di governo e amministrativa che noi tutti svolgiamo e che molto spesso è condizionata dalle pastoie burocratiche, dagli interessi e dalla trappola demografica e del consenso.
Un Pd che deve essere un passo avanti per migliorare il sistema politico soprattutto nell’evidente difficoltà e debolezza della destra di costruire un’alternativa alla proposta politica e di governo del Presidente Vito De Filippo.
Non è una sfida impossibile tenere insieme innovazione e confronto politico con la valorizzazione delle classi dirigenti.
Solo per un attimo mi si consentirà di ritornare nella funzione di Presidente della Provincia e di sottolineare quanto laboratorio politico, programmatico e istituzionale l’Ente che rappresento ha provato ad essere nell’approvazione anticipata del bilancio, un atto politico che ha valorizzato fino in fondo, senza annullare le differenze tra maggioranza e minoranza, il valore del confronto fra le diverse forze politiche, fra le diverse generazioni e fra le diverse esperienze amministrative presenti nel Consiglio.
Dobbiamo chiederci, quindi, nel tempo nuovo nel quale siamo e saremo sempre di più (riduzione progressiva delle risorse comunitarie, federalismo fiscale e assenza del Mezzogiorno nelle politiche nazionali) , cosa fare sulle infrastrutture, per il lavoro, per le piccole imprese, , per la scuola, per il sapere, per i servizi pubblici essenziali. Così come Roberto Speranza ha fatto proponendosi alla guida del partito democratico. Sarebbe sbagliato “imbrigliare” questa nuova fase solo nelle secche della “mitigazione delle posizioni politiche” o peggio nel valzer dei posizionamenti dei singoli. Così facendo diventerebbero ancora più incomprensibili alcune scelte compiute nel congresso, soprattutto nell’area Bersani.
Lo stesso Antonio Luongo nel valutare il sentimento dell’opinione pubblica, attribuisce un valore superiore al 37% che ha deciso di sostenere Speranza perché indica una strada per il futuro di questa regione, per le regole e per il rinnovamento e la mobilità della classe dirigente che la società lucana reclama con forza. Non è solo un modo di sentire “generazionale”, ma una domanda di politica che risiede in tanti amministratori locali, dirigenti periferici, giovani e meno giovani che vorrebbero dare il loro contributo e cimentarsi in una nuova sfida politica e istituzionale. Questo è un punto determinante del confronto interno al Pd. Pensiamo quindi alle cose da fare per la Basilicata e proviamo a realizzarle, sapendo che il Pd ha un intelligente e saggio pilota ma diversi motori, che non possono girare a vuoto né possono subire troppe revisioni.

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