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di FRANCA FORTUNATO
Nel leggere la storia di Anna Scarfò, la giovane donna di Taurianova, vittima della violenza maschile sul suo corpo e alla reazione, da lei raccontata, delle donne e uomini della comunità , ho subito pensato “per fortuna che c’è lei”, altrimenti quel lembo di Calabria sarebbe ancora tutto dominato dalla cultura patriarcale che vuole la donna violentata colpevole e i maschi, autori della violenza, semplicemente degli “uomini”. Dico “per fortuna” perché questo vuol dire che quella cultura che trasformava la vittima in carnefice è finita anche lì, grazie a lei, e non tanto per aver denunciato i violentatori, quanto per non essersi sentita colpevole. Immagino che i parenti dei violentatori con le loro ingiurie hanno cercato di colpevolizzarla dicendole, magari, “te la sei cercata” e così spingerla, per la vergogna, a tacere. Visto che lei non si è fatta colpevolizzare, denunciando anche i suoi aggressori e spedendoli in galera, sono passati alle minacce di morte, ma ancora una volta Anna, con la forza che a una donna può venire solo dall’amore per la propria libertà, ha resistito, nonostante l’amarezza e la delusione per una comunità che non si è fatta carico di quella violenza. Ma cosa vuol dire farsi carico? Non è la stessa cosa per donne e uomini. Le donne si sono sempre fatte carico, a partire da sé, delle altre donne vittime della violenza maschile, aiutandole e sorreggendole nel difficile percorso di ricostruzione di sé e del proprio corpo violato. Le donne di quella comunità non hanno saputo o voluto fare questo, vittime anche loro di una cultura maschile patriarcale che le vuole complici dei loro uomini, figli, mariti, fratelli. Ma una donna, sicuramente, ha sostenuto Anna, sua madre di cui i giornali non hanno parlato e lei stessa, non so perché, non ne ha fatto menzione, forse perché per lei era normale che sua madre la sostenesse. Ma “normale” non è in quella cultura maschile violenta e familistica che vuole le donne sempre a difesa dei maschi della “famiglia”. Altra cosa vuol dire per gli uomini farsi carico della violenza maschile. Loro si devono fare carico della violenza maschile sul corpo delle donne perché le radici di quella violenza sta in quella cultura della virilità, condivisa da tantissimi uomini, che considera il corpo femminile un oggetto da scambiare o possedere, col denaro, col successo, col matrimonio, con una falsa concezione dell’amore o con la forza. Il fatto è che in questo paese le donne sono cambiate, Anna è cambiata, e gli uomini no, almeno la maggior parte. In questo paese, e non solo a Taurianova, c’è una misoginia violenta verso il corpo femminile, un virus che non risparmia gran parte degli uomini. Una violenza che va dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse , alla costrizione e alla negazione della libertà negli ambiti familiari, fino alle manifestazione di disprezzo del corpo femminile, di cui la tv ne è vera maestra. Quando si comprenderà che esiste una questione maschile che riguarda una sessualità la cui miseria è sotto gli occhi di tutti? Una sessualità violenta contro le donne lo è anche contro la natura ed è questa sessualità che sta franando ovunque, nei rapporti tra i sessi come nel rapporto con la natura. Ma il fango e i calcinacci in testa fanno male. Mi auguro che i tanti uomini, che su questo giornale prendono ripetutamente la parola su qualsiasi argomento, lo facciano, in modo chiaro, anche in questa occasione, per parlare di sé e non della vittima, riconoscendo – come hanno fatto altri prima di loro in un appello del 2006 – che la violenza maschile contro le donne li riguarda, li riguarda come uomini. Ad Anna, da donna a donna, dico semplicemente che non è sola, con lei e in lei ci sono tutte le donne, del passato e del presente, che hanno avuto ed hanno a cuore la propria libertà. Ad Anna Rosa Macrì che dalle pagine di questo giornale ha lanciato l’idea di un 8 marzo per Anna, dico che ci sto. Perché non ritrovarci per l’8 marzo a Taurianova?

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