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Le decisioni del giudice monocratico Cristina De Luca dopo la camera di consiglio durata poco più di un’ora, nella sentenza: un anno a Domenico Sorrentino, 10 mesi a testa ai medici Francesco Morano e Giuseppe Suraci. Assoluzione, per non aver commesso il fatto per l’otorino Gianluca Bava e l’anestesista Michele Miceli. Si chiude così, dopo due anni e mezzo e oltre 25 udienze, il processo di primo grado per la morte della 16enne di Polia, Eva Ruscio, avvenuta la mattina del 5 dicembre del 2007 all’ospedale “Jazzolino” di Vibo nel corso di un’operazione di tracheotomia. Il pm Garofalo nel corso del processo ha indirizzato la sua tesi su un aspetto sostanziale, che tra l’altro, ha ribadito ieri mattina durante la replica: «Non ci si può difendere dalle accuse dicendo che dovevano salvarla (Eva) in sala operatoria. Ciò non è sufficiente a spezzare il nesso di causalità. Questo ci dice la sentenza della Cassazione». Poi rivolgendosi al presidente del tribunale: «Giudice, lei ha un’autostrada per la condanna degli imputati. Una sentenza assolutoria va contro la decisione della Cassazione e contro il comune senso di giustizia».

I MEDICI, COSA AVREBBERO SBAGLIATO
Suraci e Morano non si sarebbero accorti dell’ascesso peritonsillare della 16enne all’arrivo presso il reparto di Otorino dell’ospedale di Vibo e hanno somministrato un trattamento terapeutico giudicato inadeguato. Per il dottor Sorrentino, oltre alla responsabilità del reparto, verrebbe contestato anche l’intervento di tracheotomia che, per come rilevato dai vari periti dell’accusa, sarebbe stato errato. In sede di dibattimento la difesa del primario (avvocati Veneto e Roccisano) aveva più volte evidenziato come la causa del decesso fosse stata l’asfissia e che l’intervento del medico fosse stato ormai inutile in quanto tardivo. Gli avvocati di Morano (Muzzopappa e Ienco) e Suraci (Muzzopappa e Staiano) avevano fatto rilevare come, invece, la terapia farmacologica fosse stata adeguata la mattina del 3 dicembre, quando cioè Eva arrivò nel reparto, e che gli esiti si sarebbero visti nell’arco delle 48-72 ore successive. I difensori di Bava (Staiano e Bava) e Miceli (Ganino) avevano evidenziato, inoltre, che nel momento in cui la 16enne aveva avuto la crisi, la notte del 4, la terapia somministrata si era rivelata appropriata in quanto le difficoltà respiratorie erano state superate. Al contempo Bava, durante la sua deposizione, aveva messo in evidenza il fatto di aver allertato più volte il primario Sorrentino telefonandogli a casa. Tutte le difese avevano, comunque, improntato i loro interventi sulla contestazione del nesso di causalità sottolineando come la ragazza sia deceduta non in seguito ad una cura inadeguata ma ad un’intubazione errata, chiamando, così, in causa gli anestesisti presenti in quei drammatici momenti in sala operatoria. E, infatti, ad aggiunta di ciò il giudice De Luca ha disposto la trasmissione degli atti del processo alla Procura nei confronti proprio dei tre anestesisti presenti in sala: Francesco Costa (indagato anche in un procedimento parallelo, Carlo Maria Ciampa e Andrea Lucibello).

LA RABBIA DI GIOVANNA E PINO RUSCIO
Due genitori ai quali è stata strappata la figlia appena sedicenne, e che sono riusciti solo a guardarsi in maniera perplessa, increduli. Ma quando è stato loro riferito delle tre condanne lievi e delle due assoluzioni sono sprofondati nello sconforto, lasciandosi andare a rabbia e dolore. Per Pino Ruscio e Giovanna Barone, genitori di Eva, la giornata di ieri si è conclusa «nel modo peggiore possibile». Si aspettavano la condanna per tutti gli imputati. E con pene esemplari, sempre in relazione ai reati contestati. Così non è stato. «Ci aspettavamo – ha tuonato Ruscio – la condanna di tutti i medici. Logicamente non possiamo essere soddisfatti dell’operato della magistratura. Ho sempre detto di avere fiducia, ma adesso sta crollando. Non si capisce per quale motivo il giudice abbia condannato solo tre dei cinque medici imputati. Non c’è stato rispetto per mia figlia, che oggi è morta per la seconda volta. Un anno per la perdita di nostra figlia è una presa in giro». Il genitore ha parlato, quindi, di «sentenza vergognosa, di sentenza non civile», riferendo anche dell’intenzione di rivolgersi alla Corte di giustizia europea per «vedere riconosciute le nostre ragioni». Ancor più dura è stata la madre della studentessa di Polia: «Perdere una figlia non è come perdere una scarpa – ha detto la Barone – sentire che due persone coinvolte nella vicenda sono state assolte fa davvero male. È vero che i medici non volevano uccidere mia figlia, ma è pur vero che non hanno fatto nulla per salvarla. In questo modo ci si costringe a farsi giustizia da soli. Oggi l’hanno uccisa due volte», ha detto la donna lasciandosi andare alle lacrime e cercando conforto tra le braccia dei parenti. «Questo giudice non è stato equo», si è sfogata ancora con i cronisti. Un attimo di silenzio, dopo di che ha aggiunto: «Voglio parlare col procuratore». Dall’atrio si è diretta verso il sostituto Garofalo che stava commentando in aula, con alcuni avvocati di parte civile (tra questi Arcuri, Martingano e Pizzonia) la sentenza. «Procuratore, perché? Perché?», ha domandato al pm che ha cercato di confortarla. «Perché queste condanne così lievi? E queste assoluzioni. Non è giusto». Le lacrime hanno avuto, quindi, il sopravvento. Lei ha mormorato, riferendosi a sua figlia: «Amore mio». Garofalo, a questo punto, l’ha presa con sé, e l’ha portata nel suo ufficio dove le ha spiegato gli aspetti giuridici della sentenza annunciandole l’intenzione di ricorrere in Appello. Tra gli avvocati della difesa ha parlato Bruno Ganino (legale di Miceli, assolto), il quale ha evidenziato che dalla sentenza assolutoria nei confronti del suo assistito è emersa l’assoluta estraneità ai fatti «Abbiamo sempre dimostrato – ha aggiunto – che il dottore Miceli aveva svolto correttamente il suo lavoro di consulenza e questo è stato riconosciuto dal tribunale. D’altronde abbiamo sempre evidenziato che il decesso della povera Eva, strappata all’affetto dei suoi cari, è da ricercare in ciò che è avvenuto in sala operatoria. Il mio pensiero va ai genitori di questa povera ragazza che ancora oggi non hanno avuto risposte concrete sulla sua prematura morte».

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