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di FRANCO CRISPINI
Tutto un frasario da “delirio” viene gettato addosso ai giudici: eversivi”, “associazione a delinquere”, “persecutori”, golpisti, ed altro: chi lo usa continuamente, ossessivamente, è un capo di governo che senza alcun riguardo aggredisce un organo costituzionale in nome della sovranità popolare. Il quadro è di vera desolazione: uno strapotere ed una arroganza politica inaudita, una giustizia umiliata e soccombente. Davvero, la giusta esigenza affacciata da Matteo Cosenza, direttore di questo nostro giornale (“Berlusconi, noia pericolosa. Serve un’altra fase”, del 17 u.s.) di passare ad una “altra fase” , dopo avere lumeggiato assai nitidamente i ripetuti colpi che il Cavaliere infligge al Paese ridotto in uno stato rovinoso e marcescente, è destinata a non potere avere piena soddisfazione mano mano che l’abisso in cui si cade diventa sempre più profondo: una opinione pubblica inebetita, una campagna di persuasione martellante e deviante, spettacoli di pubblico adorante che manifesta una affezione non scossa da nessuna prova di condotta indecente dell’“adorato”, giudici vilipesi, interdetti e ammutoliti per l’enormità degli attacchi sconsiderati che ricevono quotidianamente. Un Parlamento, con una maggioranza trasformatasi in un vero collegio di difesa del premier dalle gravissime accuse che gli pendono addosso da anni, delle quali non crede di dover rispondere a nessuno, in cui si approvano leggi che hanno una portata “personale”, diventato una fucina di pareri legali emessi da una pletora di avvocati, con in testa il “ferrato” ministro della giustizia, allo scopo di zittire e intimorire il Tribunale milanese, le manifestazioni a Milano in occasione delle udienze, tutte le volte che Berlusconi arringa i dimostranti, i comizi, nelle sale, al popolo dei Circoli della libertà della ardente Brambilla, la gestualità di provocazione della “passionaria” Santanchè: a tutto questo viene dato una grande eco nel Paese; il Cavaliere appare ed è fatto apparire come eternamente braccato da una Giustizia che cerca ad ogni costo colpevoli, che è vittima di una libidine invidiosa e distruttiva che la porta a vedere dappertutto “delinquenti che l’hanno fatta franca”, e perciò il “minacciato” chiede al suo popolo una “tutela”. Lo strapotere di Berlusconi, la stabilità del consenso di cui sembra godere in un Paese inspiegabilmente prono (una opposizione certo che non si macchia del sudiciume del Cavaliere, per quanto incapace di offrire alternative politiche, cosa può fare per guarire dal morbo di una “affezione” tanta gente “votata” al Cavaliere?), al di là delle cause che sconsolatamente si cercano, inducono a disperare circa la possibilità che possa aversi un nuovo corso in cui non si sia costretti a dover parlare sempre dell’istrionismo di un capo, delle condotte balorde dello stesso e delle sue allucinazioni e istinti di aggressività verso le leggi e chi le fa osservare. La via che si percorre cinicamente è questa: un potere politico esasperato che si è messo fuori dell’orbita istituzionale, si è prefisso l’unico scopo di sottomettere ai suoi voleri, ai suoi interessi, alle sue scelleratezze, una opera giudiziaria che, nei limiti propri, si serve delle leggi per esclusiva causa della giustizia. Alle strette di prove schiaccianti che il Cavaliere e la corte, parlamentare e no, dei suoi numerosi giuristi e difensori, di quanti tutte le sere dai teleschermi addomesticati fanno cadere sui telespettatori una montagna di ingiurie e di pezze giustificative per il sovrano, il collezionista di processi vecchi e nuovissimi il degradante ed infamante “caso Ruby”), non sanno più come contrastare, le reazioni diventano sempre più violente e incontrollate contro la magistratura , le “toghe rosse” (quelle contro le opposizioni sono solo bombette di carta!), si fa uso di micidiali proiettili per intimorirla e screditarla. E’ in atto una campagna “ultrabrigatista” (con una vera santabarbara di esplosivi!), che non ha niente a che vedere con la circostanza delle elezioni amministrative che comunque il Cavaliere vuole sovraccaricare di significati politici, con la quale dare rinforzo all’azione parlamentare di provvedimenti ad “usum delphini” presentati come assaggi della “epocale” riforma della Giustizia. Certo , Berlusconi vuole fare diventare, specie per alcune città come Napoli e Milano, il voto amministrativo di maggio un altro plebiscito pro o contro Lui, e questo alle tribù locali conviene molto, se ne vuole servire per stabilire se può andare tranquillo come al solito ad una elezione politica: forse non è del tutto sicuro che gli è riuscito ancora una volta di mantenere saldo, malgrado tutto quello che combina, il suo legame con la gente. Una ragione in più per fare assaporare al Sultano, dove è possibile, dove l’opposizione, a partire da un Pd senza bussola che disorienta con i capibastone locali il suo elettorato, non favorisce i diabolici disegni berlusconiani, in tutte quelle città che non marciano agli ordini dei caporali di regime, un senso di indignazione, una forma di disgusto che hanno raggiunto il culmine e sono al punto di non poter essere più contenuti. Non è il caso , avendone l’opportunità, di dare una prima solenne lezione a chi ha fatto strazio della Giustizia, intacca nel profondo uno dei pilastri costituzionali della nostra democrazia?

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