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Dopo l’omicidio dei fratelli Donato a Varapodio, centro del Reggino, interviene don Pino Demasi, vicario generale della Diocesi di Oppido-Palmi e referente territoriale di Libera: «Hanno il volto di due ragazzini Francesco e Carmelo Donato, 18 anni il primo e 26 il secondo. Sono l’undicesima e la dodicesima persona uccise dall’inizio dell’anno nella Piana di Gioia Tauro. Se non è mattanza, poco ci manca. Quel che è certo è che abbiamo raggiunto livelli di guardia».
«Ancora una volta – prosegue don Pino Demasi – la ‘ndrangheta continua a calpestare i valori più alti e gli affetti più sacri della vita. Di fronte a fatti di questa portata ci domandiamo: fino a quando ancora sangue nelle nostre strade? È veramente impossibile traghettare la Calabria verso la normalità? L’area che si respira è sempre più pesante. La gente è sempre più disorientata, fa fatica e a stento lancia qualche segnale di condanna. Ma condannare non basta. Di fronte a questi continui episodi perpetrati da gente che gioca semplicemente al ribasso, la denuncia e le parole di condanna non sono sufficienti. Dobbiamo chiederci cosa possiamo e dobbiamo fare, di più e meglio. E la risposta non può non essere una sola: reagire». «Occorre – afferma don Demasi – il coraggio di reagire, specialmente in questo momento in cui a nessuno sembra interessare che la Calabria in generale ed il territorio della Piana in particolare, diventino un territorio ‘normale’. E si reagisce lavorando e lottando. Nascere in Calabria non è una disgrazia, ma una vocazione. Siamo chiamati, noi calabresi, a rendere sempre più affascinante e accogliente questa terra, che può essere fonte di ricchezza vera per tutti i suoi abitanti».
«Chi uccide, chi va a braccetto con il malaffare, gli ‘ndranghetisti – prosegue – non amano certamente questo territorio, non amano gli abitanti di questa nostra terra. Amano soltanto il denaro, il profitto, lo sfruttamento dell’ambiente e delle persone. E non sono neanche veri uomini se continuano a considerare i loro simili come bestie da macello, da uccidere anche per futili motivi. Questa loro sete spregiudicata di guadagno e questa loro arroganza, è fonte di benessere materiale solo per loro e per i loro ‘compari’, che spesso si annidano anche tra le vene delle istituzioni, della politica, della pubblica amministrazione».
«Serve allora – conclude don Pino – forse più coraggio. E deve consolarci il fatto che già tanta gente ha avuto e sta avendo questo coraggio. Tutte persone che, spesso a caro prezzo, hanno scelto la convivenza fraterna, il rispetto per l’altro e per l’ambiente, l’onestà, la legalità e la giustizia, senza lasciarsi prendere dal tornaconto e dalla prospettiva di ‘grandi affari’».

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