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POTENZA – «Se fa lo stronzo… con me chiude per tutta la vita! Non si fa così!» Chi parla è l’ex direttore dell’Arpab Vincenzo Sigillito che minaccia di troncare la sua storica amicizia con l’assessore Erminio Restaino (in foto). Per i carabinieri è lui il suo «referente politico» ma al telefono c’è un uomo a cui sembra tenere di più. Sarà il fratello? Il presidente della Regione? Un santone brasiliano? Nessuno di questi tre, ma un uomo ricco e con tante conoscenze, che per un po’ è stato socio anche dei francesi di Fenice. Gira che ti rigira torna sempre il nome di Donato Moscariello. Negli atti dell’inchiesta dei carabinieri del noe e del reparto operativo di Potenza l’imprenditore ha un ruolo importante perchè nel pieno della bufera sui dati dell’inquinamento della falda di Fenice Moscariello avrebbe avuto accesso ai quesiti che la procura della Repubblica di Melfi aveva sottoposto all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, cercando di capire come sia successo che è rimasto tutto nascosto per anni. Oltre ai quesiti Sigillito gli avrebbe mostrato anche le risposte che stava preparando con i suoi collaboratori. Davanti ai giudici del Riesame i legali dell’ex dg hanno sostenuto che si trattasse solo di queste, uno scritto privato, quindi, che non andrebbero considerati alla stregua di un atto coperto da segreto d’ufficio. Al chè il pm Salvatore Colella avrebbe sbottato: «Questa è la dimostrazione di cosa qui si intende per pubblico ufficiale». E così deve averla pensata anche il collegio che ha respinto i ricorsi contro gli arresti domiciliari per Sigillito e il coordinatore regionale dell’Agenzia Bruno Bove.
Per aver mostrato quelle carte a Moscariello l’ex dg è accusato di rivelazione di segreto, perdipiù a una persona in rapporti economici con Fenice che sarebbe stata la controparte naturale di quell’accertamento tra procura e Agenzia per l’ambiente. Il Quotidiano ha scritto che a rendere la cosa ancora più sospetta ci sono anche le società di Moscariello che gestisce la discarica di Venosa e si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti dei principali comuni del Vulture, oltre che delle ceneri dell’inceneritore assieme al figlio del pm melfitano che seguiva il caso e al fratello dell’ideatore del piano provinciale rifiuti di Potenza e di Matera. Dai bilanci di Edf-Fenice risulta anche una strana operazione con i gestori del termovalorizzatore di San Nicola, mai registrata alla Camera di Commercio. Quello che emerge dalle carte dell’inchiesta aggiunge un altro tassello importante, perchè da un certo punto in poi ci sarebbe stato un filo diretto non solo tra Donato Moscariello e Vincenzo Sigillito, ma anche tra Donato Moscariello e l’assessore Erminio Restaino, all’epoca capogruppo del Pd in consiglio regionale.
«Poi ci vediamo più tardi un ufficio, perchè io mò chiamai pure a lui, solo che era sempre spento il cellulare, mò devo chiamare dopo mangiato, mò fra un’oretta lo chiamo». Il 14 aprile del 2009 Moscariello è stato intercettato mentre diceva a Sigillito di non essere riuscito a contattarlo. «Ma lui mi ha detto che si era sentito con te! Quell’altro dici tu, quell’altra persona?» L’ex dg non capisce ma al telefono preferisce non fare il nome di Restaino. Ci pensa Moscariello dopo una piccola esitazione. «Dico… Erminio». Al che si scioglie anche Sigillito: «Eh! Erminio, mi ha detto: “Sì, mi sono sentito”».
Gli inquirenti hanno cercato di ricostruire il rapporto tra il patron del Consorzio Seari e l’assessore e si sono fatti anche un’idea. Moscariello avrebbe chiesto cose, tipo attenzione per certe pratiche delle sue aziende o per «un corso» a cui era interessata la figlia. In cambio si parla di voti alle elezioni comunali di Potenza, ma il rapporto con Sigillito e Restaino dev’essere stato molto più forte, tanto che l’ex dg dell’Arpab davanti al problema di Moscariello che non riusciva a mettersi in contatto con l’assessore gli avrebbe dato il suo numero di casa. D’altra parte Moscariello avrebbe avuto libero accesso all’Agenzia dell’ambiente per sè e altri imprenditori amici suoi. Una volta i carabinieri lo hanno intercettato mentre chiamava Sigillito addirittura «compare». Una questione di famiglia insomma, di quelle che ai bei tempi andavano tanto di moda dalle parti della sede di via dell’Industria.

lama

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