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Il tavolo di verifica “Massicci” ha deliberato lo sblocco dei fondi Fas e delle premialità pregresse per circa 2 miliardi di euro alle regioni Lazio e Campania, entrambe sottoposte a piano di rientro. Se la Calabria non ne ha beneficato è per i ritardi accumulati nell’attuazione del piano. Del resto Lazio e Campania hanno sottoscritto quasi due anni prima il piano di rientro. Che non ci fosse la Calabria, però non è una novità perché così era stato deciso nella seduta del tavolo del 24 ottobre scorso. I ritardi sono dovuti sia a procedure complesse, ma anche, secondo quanto emerge dall’ultimo verbale, per disfunzioni organizzative sopraggiunte tra l’ufficio del commissario e la struttura dirigenziale del dipartimento.
In primo luogo – è scritto nel verbale ufficiale – sono stati adottati dal consiglio regionale e dal dipartimento, atti in palese contrasto con gli obiettivi di piano e ciò ha comportato a sta comportando non pochi ritardi e lungaggini burocratiche. Però dal verbale redatto dal tavolo tecnico (i rappresentanti di tutti i ministeri competenti) e del Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, emergono anche diverse positività.
«Le azioni concretamente messe in atto al fine di certificare la posizione debitoria pregressa e le azioni di potenziamento del monitoraggio dei fatti contabili regionali e aziendali» – è scritto «stanno comportando progressivamente un miglioramento nella tempestività, nella regolarità e nell’attendibilità della loro rappresentazione».
Insomma dalla «contabilità orale» si sta arrivando alla normalità, ma il percorso ancora è tutto in salita. Diverse le disfunzioni, alcune addirittura evitabili, come l’approvazione sulla Fondazione Campanella che presenta lacune impressionanti perché in palese contrasto con il Piano di rientro in quanto «deroga alle assunzioni».
Infatti «fino al 31/12/ 2013» vige il «blocco delle assunzioni a tempo indeterminato in seguito al disavanzo non coperto sia per l’anno 2009 e che per il 2010». Inoltre, sulla Campanella, il tavolo ha chiesto la natura del presidio, cioè se strutturato su base ospedaliera e quali sono i rapporti con l’azienda ospedaliera universitaria Mater Domini. Aspetti questi che il presidente Scopelliti (in foto) ha deciso di approfondire in sede tecnica in un confronto tra Regione e ministeri.
Tra i rilievi anche alcune aspetti prettamente giuridici che non sono stati rispettati dalla burocrazia come la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie che andavano fatte con delibera di giunta e non con decreto commissariale. Poi c’è tutta la vicenda delle nuove assunzioni che ha causato non poche tensioni al tavolo. Sono state fatte nel 2011 «all’insaputa dell’ufficio del commissario» e da parte dei direttori generali 215 assunzioni a tempo determinato e 65 a tempo indeterminato. Se da una parte si tratta – è scritto nel verbale – di obblighi di legge, ovvero sostituzioni per maternità, mobilità esterna e d interna, sugli altri casi, il Tavolo ha messo i paletti e chiesto ala Struttura commissariale «quali iniziative intende intraprendere nei confronti degli amministratori coinvolti» nelle assunzioni. Altro problema riguarda il rimborso delle persone che hanno contratto malattie con le trasfusioni o vaccinazioni. Essendo i fondi assegnati dal ministero insufficienti, si è proceduto ad imputare la maggiore spesa dal Fondo sanitario e questo è in palese violazione delle norme. Ma il punto su cui il tavolo insiste ovviamente è la riorganizzazione della rete ospedaliera. Il tavolo Massicci chiede in modo perentorio l’attuazione del decreto 18. Questo vuol dire che bisogna riconvertire 18 ospedali in 4 nosocomi di Montagna e 13 in Centri si assistenza primaria territoriale (è scomparsa la dicitura Case della Salute) e uno in centro di riabilitazione. Il Tavolo ha chiesto al commissario chiarimenti sull’utilizzo del personale degli ospedali chiusi e una relazione sull’impatto delle strutture organizzative e sulle riduzioni ed accorpamenti delle unità organizzative. Inoltre il tavolo ha chiesto una tabella riepilogativa di tutti i posti letto per ogni singolo ospedale con una comparazione tra prima e dopo i provvedimenti presi. Su un punto il tavolo è stato chiaro: il “decreto 106” più volte citato da parte di alcuni esponenti politici non è stato nemmeno preso in considerazione alla data dell’incontro (24 ottobre) e se ne parlerà al prossimo tavolo di verifica, anche se il Tavolo e il Comitato hanno evidenziato che «permangono diverse criticità il relazione al modello proposto per la struttura organizzativa delle aziende e al numero di strutture semplici da attivare. Nel complesso la Calabria risulta inadempiente a partire dall’anno 2005 e fino 2010 in molti punti.

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