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di FRANCO CRISPINI

Il “metodo del Cavaliere” così lucidamente tipicizzato, nella sua applicazione particolare, dal direttore di questo giornale Matteo Cosenza (“il Quotidiano della Calabria, 26 febbraio u.s,), potrebbe davvero richiamare alla mente per la sua estensione universalistica il metodo scientifico cartesiano. In effetti il Cavaliere ragiona con il rigore consequenziale e geometrico di un Descartes: per Scaiola, Cosentino e altri c’è un complotto di magistrati-stampa-comunisti che tiene viva una ostilità in primo luogo contro di lui, ergo bisogna non arrendersi, bisogna andare avanti, niente dimissioni innanzitutto. In termini più specifici, così scrive il nostro direttore con un richiamo diretto alle cose della Calabria: «… il guaio della Calabria è che in questi ultimi tempi ha adottato il metodo Berlusconi» il quale ha come chiave di volta per tutte le situazioni spinose il “complotto”: della pertinente riflessione di Matteo Cosenza che mette il dito su di una piaga che è divenuta vistosa, si potrebbe far discendere una specie di sillogismo cui si applica quell’infallibile “metodo” risolutore: poiché la massima rappresentanza regionale azzurra porta le stimmate di un berlusconismo innovatore, salutare e necessario per questa regione (premessa maggiore) per cui avversario significa non volere una Calabria nuova (premessa minore), il meglio è (conclusione) andare avanti e continuare a sentirsi artefici di rinnovamento.
Questo metodo nell’immediato sembra quello giusto, almeno a vedere quanti incitamenti riceve nelle città calabresi, quale tripudiante consenso viene tributato al governatore, celebrato come un santo patrono nella città di Cosenza. La certezza cartesiana che la conclusione è quella, che bisogna tirar dritti non preoccupandosi del vento di sospetto e di insoddisfazione che spira anche nella parte più sana dei calabresi, finisce per dare alla testa, per creare alterigia e arroganza, facendo ritenere che la trasformazione della Calabria è già lì davanti a noi. Tra l’altro, come nota sempre il direttore, non è sicuro che in Calabria vi sia quel blocco di avversari del cambiamento i quali, senza costituire una naturale e salutare opposizione dialettica, sempre necessaria, mirerebbero, si parla dei giudici, a sconfessare la volontà popolare abbattendo chi è stato “chiamato a governare con un consenso straripante”.
Ma in Calabria il fatto stesso che abbiano preso corpo dei sospetti nei riguardi della massima personalità di governo, che su di essi si sia preso a battere, ha indotto a credere alla cosiddetta gestione politica della giustizia e ad adottare la medicina berlusconiana del “non ti curar di loro”. Come si vede in tutti i casi, e sono molti, in cui si vuol far luce sulle oscurità e le ombre che si addensano attorno a uomini di governo, la miglior corsa è parsa dare un volto malefico alla giustizia che istigata dai comunisti tenta ripetutamente, anche volendo violare l’istituto della “prescrizione”, di sbarrare la strada all’uomo della Provvidenza grondante di fiducia popolare. Si deve dire che questo “scudo” non può più servire, soprattutto ora che si va formando una coscienza civile più sveglia e forse anche più esigente, a tenersi fuori dagli accertamenti giudiziari che, senza accanimenti, riescano a gettare luce sull’operato della politica. Mantenersi ligi ai precetti berlusconiani, e per essi ritenere di essere esentati dal dare prove inconfutabili della correttezza, onestà, legalità del proprio curriculum politico, dei propri comportamenti nelle azioni di governo di una regione come la nostra, significa soprattutto non voler contribuire a quella fase civile della politica cui porta non già l’antiberlusconismo ma semplicemente il postberlusconismo.
Non essere paralizzato da semplici insinuazioni, testimonianze da verificare, sospetti anche pesanti, appellarsi alla propria coscienza se tranquilla, è doveroso per l’uomo di governo; diversamente non vi sia ostinazione, si abbia la disponibilità ad affrontare una difesa nelle sedi proprie. Si metta da parte “il nervosismo, che non serve quando si ha una grande immensa responsabilità nei confronti di una collettività. E soprattutto non prenda esempio da Berlusconi che ha ridotto l’Italia con le pezze al culo.” (Matteo Cosenza).
Un consiglio migliore per il Berlusconi di casa nostra non potrebbe esser dato: sarebbe folle lasciarsi travolgere dal crollo di un sistema.

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