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CATANZARO – Nessun finanziamento illecito. Nessuna corruzione elettorale. La sentenza emessa dal Tribunale collegiale del capoluogo nell’ambito del procedimento Why not parla chiaro. L’ex vicepresidente della Regione Calabria, Nicola Adamo  e l’imprenditore nel campo della grande distribuzione A. G., entrambi accusati di corruzione elettorale, sono stati assolti con ampia formula.

Nove, invece, le condanne emesse con pene che vanno dai 3 anni e 6 mesi – la più alta, emessa a carico di Gianfranco Franzè, ex dirigente della società Why not – a 8 mesi di reclusone. Altre nove le assoluzioni e per otto imputati è stata dichiarata la prescrizione dei reati. Erano ventisei, le persone – tra politici, funzionari pubblici e imprenditori – coinvolte nel processo su presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici in Calabria.

Queste le condanne: 3 anni e 6 mesi per Giancarlo Franzè (ex dirigente della società “Why not”), 2 anni per Rosalia Marasco (dirigente regionale del dipartimento Personale), 8 mesi per Rosario Calvano,  un anno e 6 mesi per Antonio Gargano (l’ex presidente di Fincalabra), un anno per Michele Montagnese, così come per Michelangelo Spataro, e Filomeno Pometti.  Condannati a 8 mesi anche l’ex consigliere regionale Dionisio Gallo (Udc) e l’ex assessore Domenico Basile (An).   

Assolti Aldo Curto, Marino Magarò, Gennaro Ditto, Ennio Morrone, Francesco Morelli, Nicola Adamo, Pasquale Citrigno, Pasquale Marafioti e A. G..  I reati estinti per intervenuta prescrizione riguardano Antonio Mazza, Rosario Baffa Caccuri, Giorgio Ceverini, Ernesto Caselli, Giuseppe Pascale, Antonio Esposito, Clara Magurno e per la principale teste dell’accusa, Caterina Merante. Nei confronti di un ventisettesimo imputato, Cesare Carlo Romano, i giudici hanno dichiarato il reato estinto per morte del reo. 

Nella sentenza è stato disposto anche il risarcimento alle parti civili ed in particolare la somma di 9 mila euro a Fincalabra e 100 mila euro alla Regione Calabria. 

Nei confronti di Gianfranco Franzè i giudici hanno disposto la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni ed il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata della pena. A Marasco, Calvano, Gallo, Basile, Spataro, Pometti e Montagnesi è stata concessa la sospensione condizionale della pena.

DAI SERVIZI REGIONALI ALL’EMENDAMENTO – Il processo ruotava attorno all’affidamento da parte della Regione Calabria di alcuni servizi a società private che impiegavano lavoratori interinali. Circa 500 i dipendenti che avrebbero eseguito prestazioni, almeno sulla carta, in favore della Regione Calabria che poi alla fine stanziava i fondi. Ed è proprio parlando dell’affidamento dei servizi alle società Brutium e Why not, che il sostituto procuratore generale Massimo Lia ha sostenuto che «a nessuno interessava la proficua esecuzione dei servizi. L’unico obiettivo per la parte privata era acquisire commesse e per la parte politica consenso clientelare». Secondo l’accusa, la scelta dei lavoratori da impiegare avveniva allora sulla base delle indicazioni di vari referenti, politici o amministrativi. «La Brutium – ha continuato il sostituto pg Eugenio Facciolla – ha continuato a prestare servizi tra la tracotanza della classe politica collusa o per questioni elettoralistiche o per vile pecunia. Nessuno dei lavoratori sentiti in questo processo ha detto di avere svolto il lavoro di sorvegliante idraulico per il quale era stato assunto ma di avere lavorato in uffici della Regione o nelle segreterie dei politici».

Sono i progetti “Infor”, “Bifor”, sul fabbisogno formativo del personale della Regione o la vicenda della sorveglianza idraulica o ancora quella relativa al censimento del patrimonio immobiliare della Regione Calabria a ruotare attorno all’intero processo che, secondo la ricostruzione dell’accusa, riguardava un presunto comitato d’affari che avrebbe illecitamente gestito i soldi destinati allo sviluppo della Calabria. Progetti così come hanno ribadito i sostituti procuratori «inconsistenti nell’obiettivo ma molto costosi». Per Nicola Adamo e l’imprenditore A. G. l’accusa contestata era corruzione, per via di quella somme versate in occasione della campagna elettorale di Agazio Loiero del 2005 in cambio di provvedimenti per la grande distribuzione. In cambio di quell’emendamento nella finanziaria 2006 dove era previsto che le aree degradate fossero destinate all’apertura di strutture per la grande distribuzione. Settore in cui opera l’imprenditore A. G. 

A GIUDIZIO DA MARZO 2010 – Tutti gli imputati erano stati rinviati a giudizio il 3 marzo del 2010. Quattordici, in totale, le richieste d’accusa che erano state formulate, più undici richieste di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione (una sola per intervenuta morte del reo) e due richieste di assoluzione per non “aver commesso il fatto” a carico dei restanti imputati. Tra le persone per le quali è stato chiesto il non luogo a procedere c’è anche Caterina Merante, principale teste d’accusa nel corso dell’inchiesta, che nel processo era imputata per una contravvenzione per una violazione della legge sul lavoro.

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