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VIBO VALENTIA – Salgono a quattro le persone il cui nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Si allarga, quindi, l’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Michele Sirgiovanni e condotta dai militari della Guardia di Finanza, sul clamoroso ammanco di 1,2 milioni di euro scoperto mercoledì scorso nei locali dell’Ufficio Affari finanziari della Provincia per il quale il presidente Francesco De Nisi ha presentato esposto in procura. Sì, perché oltre all’impiegata in servizio presso l’ufficio sulla quale gli inquirenti già da ieri sera stavano vagliando la posizione, a finire all’attenzione del pm vibonese anche i beneficiari dei numerosi mandati di pagamento, circa quindici, spalmati in due anni, che si individuerebbero in parte in alcuni familiari della donna. 

Nel frattempo, sia ieri che oggi gli uomini del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza, hanno messo in atto una serie di perquisizioni negli uffici finiti al centro dell’indagine. Sostanzialmente sono stati apposti i sigilli a numerosi incartamenti, atti, documenti, personal computer e in particolare a questi famigerati mandati di pagamento ritenuti fasulli e sul quale si è sin da subito focalizzata l’attenzione degli inquirenti il cui obiettivo – per nulla semplice –  è capire quale fosse il meccanismo messo in atto per commettere l’illecito e in che modo si sia potuto raggiungere una cifra così consistente. Secondo quanto emerso a poche ore dall’invio degli avvisi di garanzia, i mandati erano indirizzati nella maggior parte dei casi ad una parente ed erano di importo vario: da 10.000 ad addirittura, sembrerebbe, 200.000 euro.

Contorni ancora tutti da definire dunque, in una vicenda, un “caso Fallara” in salsa vibonese se tutto ciò dovesse risultare vero, che potrebbe allargarsi ulteriormente con il passare dei giorni se gli uomini del colonnello Michele Di Nunno, a seguito delle verifiche, certificheranno ulteriori profili di responsabilità a carico di altre persone. 

 

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