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L’errore che fanno quasi tutti è pensare che sui social network si spostino voti. E finisce che ci si sta su a tutti i costi, da candidati, ma senza avere una buona grammatica d’uso». @Catepol (Caterina Policaro, potentina quasi di diritto, prima che d’adozione) sui social network sta da una vita. Blogger di prima generazione, con un seguito a quattro cifre su Twitter e una esperienza diretta sull’uso che la politica fa del digitale.
Era una delle candidate alle primarie del Pd per la scelta dei candidati: nell’analizzare la relazione tra comunicazione e rapporto con l’elettore, mette anche un po’ di esperienza personale: «Ho imparato che la fiducia delle persone è legata inevitabilmente o alla conoscenza che hanno di te, del candidato, o di chi ti supporta. È molto difficile, in genere, che un outsider possa farsi spezio». La differenza di peso si consuma tutta nel radicamento sul territorio. 

«In una regione come la nostra il voto è molto legato ai rapporti personali. Certo, contano le attitudini e gli orientamenti di ciascuno, ma ci si confronta con un meccanismo che è relazione sociale, apprezzamento personale da un lato, ma anche apparato, partito, movimento dall’altro». Se il contesto non è poi molto cambiato,
negli ultimi tempi, però, sono cambiate le modalità con cui i candidati provano a raccontarsi e farsi pubblicità. Alle elezioni regionali, quelle del 2010, «c’era stata quasi una corsa ai social network. Oggi – dice Sergo Ragone, blogger per l’Inkiesta e social media manager – paradossalmente la quota si è abbassata. Non c’è stata la
crescita che ci saremmo tutti aspettati». Lui che ha un profilo per ogni piattaforma o applicazione (testarli e raccontarli fa parte del suo mestiere), alla politica guarda da sempre con attenzione. Uno dei primi, in città, a usare Instagram (il suo account è @ragons), ci impiega poco a descrivere il comportamento tipo del candidato lucano. «Quello che è accaduto, in Basilicata, dalle ultime regionali a oggi, è che il vero “vantaggio” dell’uso dei social è stato per la stampa tradizionale. Non c’è stata crescita d’utilizzo, né in engagement. Per molti politici i social sono stati uno spazio in cui raccontare la propria attività, su cui tenere una sorta di resoconto di lavoro. Ma questo è un approccio che non funziona più, non sul Web. Ha avuto successo, però, nella relazione con i media mainstream, in particolare con la carta». 
Non è un caso, infatti, spiega ancora Sergio, che molti consiglieri comunali, segretari di partito, parlamentari, nel twittare menzionino spesso i direttori dei giornali.
«In generale – spiega Caterina – è Facebook il social network più diffuso: un po’ tutti i candidati hanno una propria fan page, aperta per l’occasione o coltivata negli ultimi mesi, perchè magari già con un’attività politica».
Più interessante, invece, «la diffusione di Twitter: un po’ perché è di moda, reso popolare e “necessario” dai media mainstream, stampa e televisione, che applicano spesso l’effetto replicatore. Un po’ perché i candidati hanno capito che è comodo da usare, facile da gestire anche dallo smartphone». Un consiglio? «Uno solo, sempre lo stesso, l’unico possibile quando si vuole stare in Rete: il presenzialismo è inutile, sui social ci si deve stare curando le relazioni, come persona».
A seconda del social network, poi, i comportamenti sono diversi. E temi differenti. «Su Facebook si cerca di più la partecipazione – fa eco Sergio – si tende a non schivare l’argomento caldo del giorno. Twitter resta uno strumento di conversazione di piccoli gruppi, giornalisti, politici, blogger, leader di opinione di questa regione».
Anche Sergio un consiglio (e un errore da sottolineare) ce l’ha. «Meglio evitare l’autoreferenzialità. Capita spesso di vedere un like messo al proprio stato di Facebook, oppure la condivisione del proprio stato sulle bacheche altrui: dovrebbero essere gli altri, invece, a condividere, se piace quello che si dice».
Abitudini che in Rete sono più di una netiquette: «Per vivere i social network non si può avere lo stesso atteggiamento del comizio dal palco, non funziona l’effetto proscenio. Ecco, ai candidati ricorderei che non sono spazi da occupare, ma da frequentare».
Donato Mola è il blogger più conosciuto di Matera e dintorni, narratore, giornalista, racconta quello che accade su Hyperbros (che è blog, ma – con la chiocciolina davanti – anche profilo Facebook, Twitter e Instagram). «In tre anni sono cambiate tante cose», racconta recuperando la memoria delle regionali. «All’epoca la campagna elettorale si nutriva di feste in discoteca, eventi notturni e tanti, troppi seipertre. Le strade erano sporchissime, c’era gran caos». Oggi, invece, «qualcuno forse ha imparato la lezione ed è rimasto sui profili social che per caso aveva aperto allora», sorride.  «Ma ci vuole poco a beccare il novizio, rispetto a chi si è applicato, o magari ha uno staff preparato. I più bravi, in genere, hanno aperto un account Twitter prima di quello Facebook, mentre quasi nessuno – purtroppo – usa il video». 
A chiedere un consiglio, Donato si ferma, sorride, e forse torna ancora una volta indietro. Poi: «Usate ora i social network per la prossima campagna elettorale»
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