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 E’ in campagna elettorale in tutt’Italia, ma l’ultimo appuntamento sarà in Basilicata. Una questione affettiva. Eppure questi giorni per Gianni Pittella, medico, primo vicepresidente del Parlamento europeo, non sono molto diversi da quelli che vive nelle altre stagioni: il suo collegio è di 1700 comuni, ne ha visitati 1400. Porta in giro il verbo dell’Europa, quasi come una missione di evangelizzazione: «L’Europa non è una matrigna come vogliono Berlusconi o Grillo». Vero è che è un tema poco «agitato», poco discusso, a volte poco popolare, condensandosi spesso il concetto d’Europa nell’idea delle pretese della signora Merkel. «L’Europa deve essere un tema quotidiano di confronto, la partita ce la giochiamo lì». Quello che mi ha da sempre colpito di Gianni Pittella e che non ho avuto la prontezza di chiedergli è come faccia a non “bucare” mai una notizia. Non i grandi temi, ma l’accadimento del più recondito dei paesi. Meglio di un cronista, sin da tempi in cui — secoli orsono — scoprì come si usa una mail. In un giornale sarebbe perfetto al turno notturno delle agenzie. In realtà lo fa, di sabato in sabato, all’Asca, testimoniando quello che il Parlamento europeo fa per i cittadini. Dalla raccolta degli editoriali pubblicati tra il 2011 e il 2012 nella rubrica “Rue wiertz” è venuto fuori un diario “dallo spread allo sprint”, che riassume il senso della sua idea politica. E non è l’ultima pubblicazione. Un altro libro è in programma per metà marzo, sarà una breve storia del futuro degli Stati Uniti d’Europa. Ma oggi Mister Pittella è anche un uomo nuovo. Il globetrotter a un certo punto si è arrestato davanti alla visione degli ultimi del mondo. Il viaggio in Africa ne ha toccato la sensibilità. Oggi ne parla turbato, impensierito: 

«Sono stato in Sudan, se non si vede non si può immaginare». 

E allora a cosa servono i giganti del mondo se non si concepisce un riequilibrio del benessere? 

«Occuparmi del riequilibrio tra democrazia e finanza sarà uno dei miei impegni principali. E sarà mio impegno anche aiutare le persone e i paesi in difficoltà. L’aiuto dato finora dal fondo monetario internazionale è come un bacio della morte, da evitare».

Partiamo dall’ultimo, difficilissimo anno, dal diktat: lo vuole l’Europa! 

«La politica dell’austerità ha cambiato la percezione dell’Europa. Sono stati e sono ancora mesi drammatici, il sistema democratico è stato colpito, sono saltati posti di lavoro, ha vinto la politica dell’austerità pura con 23 governi su 27 hanno votato a favore delle proposte della Merkel, tra cui anche Berlusconi». 

Cosa può cambiare il risultato delle elezioni italiane? 

«Conta il risultato delle elezioni italiane, conta. Il futuro delle politiche europee dipende dal peso che avranno i socialisti e i democratici nel Parlamento. Chi ci ha messo in queste condizioni? Il fiscal compact chi lo ha votato? E’ importante che vinca Bersani perché l’Italia deve rafforzare la voce progressista europea. L’Italia dovrà fare un patto con la Merkel. Ci chiede di continuare sulla linea del rigore? Bene, lo faremo, ma in cambio chiediamo che si allarghi la spesa» 

Dallo spread, allo sprint. Eppure Monti sostiene di aver portato a casa un bel risultato dalla programmazione del bilancio europeo, più risorse per l’Italia. «Ma quale buon risultato, perché ai cittadini sfugge la disciplina del bilancio europeo. Questo bilancio non va bene. Bisogna riaprire i cordoni della spesa. Altrimenti lo sprint non ci sarà. L’austerità sfrenata deprime l’economia di un Paese, riducendo le entrate e quindi la capacità di rimborsare i debiti contratti»


L’INTERVISTA CONTINUA A PAG. 10 DEL QUOTIDIANO 

 

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