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Risposta alla Lettera aperta di Liberascienza sui temi della cultura, dell’università e della ricerca.
Cari amici di Liberascienza,
con grande piacere abbiamo letto la lettera che avete rivolto ai candidati lucani alle ormai imminenti
elezioni politiche nazionali. Siamo contenti perché essa contribuisce al dibattito politico ed è un piccolo
segno di speranza per un rafforzamento del capitale sociale della nostra Basilicata.
Le risposte puntuali alle vostre domande sono tutte contenute nelle schede di approfondimento allegate ai
dieci punti del nostro programma, scaricabili dal nostro sito www.fermareildeclino.it. Qui mi limiterò a
esporre alcuni aspetti chiave.
Il tema dell’istruzione e della ricerca scientifica è per noi decisivo: si tratta dell’unica voce funzionale tra le
uscite del bilancio statale, insieme con quella della protezione dell’ambiente, a non subire tagli nel nostro
programma di riduzione della spesa pubblica. Ciò tuttavia non basta: noi di FARE per Fermare il Declino
siamo convinti che in questo campo sia necessario operare una vera e propria rivoluzione.
I pilastri di questa rivoluzione sono due: autonomia e accountability (ossia verificabilità ex post dei risultati
ottenuti). Prima di spiegare cosa essi implicano in concreto per l’università e la ricerca, vorrei spendere
qualche parola anche sulla scuola, poiché la qualità dell’istruzione scolastica determina quella dei percorsi
di studi superiori.
Primario obiettivo di FARE per la scuola è una reale autonomia nella proposta di programmi e progetti
educativi specifici, che permetta ai genitori una scelta informata per l’educazione dei loro figli. Tale
autonomia consentirebbe l’attivazione di un’autentica competizione tra scuole. Qui entra in gioco l’altro
pilastro, l’accountability: bisogna diffondere la cultura della misurabilità e confrontabilità dei risultati
scolastici, rafforzando il ruolo dei test INVALSI. Questi sarebbero anche lo strumento adeguato per ridare
dignità alla funzione degli insegnanti, le cui retribuzioni dovrebbero crescere in maniera proporzionale al
rendimento del loro insegnamento e non, come avviene oggi, soltanto tenendo conto dell’anzianità di
servizio acquisita.
Gli stessi principi vorremmo applicarli anche all’università italiana, affetta da una cronica presenza di baroni
e spesso incapace di fornire le conoscenze e competenze adeguate per affrontare il mercato del lavoro. In
questo caso, andrebbe rafforzato il ruolo dell’Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario e della
Ricerca (ANVUR) nell’attribuire i finanziamenti statali agli Atenei sulla base della produzione scientifica degli
stessi, valutata attraverso il meccanismo della peer review (valutazione dei pari), che garantisce una
misurazione del valore scientifico della ricerca universitaria universalmente accettata. Attraverso la
competizione per le risorse, si attiverebbe un circolo virtuoso: da un lato si potrebbero creare centri di
eccellenza specializzati verso i quali canalizzare le migliori competenze scientifiche, dall’altro gli studenti
che devono scegliere l’università cui iscriversi avrebbero un segnale informativo chiaro sui costi e benefici
della scelta.
Premiare il merito e le competenze nella scuola e nell’università è fondamentale per rimettere in moto la
mobilità sociale nel nostro Paese. Perché altrimenti chiedere alle famiglie (o indirettamente a tutti i
contribuenti) di sostenere gli oneri dell’investimento in capitale umano dei giovani quando poi l’eccellenza
non è premiata? O l’unica vera alternativa per un ruolo coerente con le proprie capacità è quello di migrare
verso altri paesi più propensi a valutare il merito? Solo una rivoluzione liberale può affrancare la società
italiana da logiche clientelari e rendite create da un’eccessiva regolamentazione dell’attività economica. È
questa la rivoluzione liberale che ci proponiamo di attuare dalle aule parlamentari nella prossima
legislatura.
Non molti progressi sono stati fatti da quando il sociologo americano Edward Banfield visitò la Basilicata
negli anni ’50 e intravide nel “familismo amorale” la causa principale dell’arretratezza della società lucana
del tempo. Per questo, riteniamo valida la proposta di Liberascienza di destinare parte delle royalties del
petrolio a una Bonus Card Cultura: sarebbe un bel segnale per le generazioni future e potrebbe davvero
contribuire a colmare quel ritardo di civicness (senso civico), senza il quale ogni processo di sviluppo sarà
effimero. Riteniamo tuttavia che il tema richieda una più ampia collocazione nel processo di revisione
precedentemente descritto, volto a valorizzare il capitale umano. Alla fine si tratta di spendere risorse
pubbliche, i nostri soldi: non una goccia di queste va sprecata! Di questo potete essere certi: FARE per
Fermare il Declino combatterà in Parlamento chiunque vorrà utilizzare il denaro pubblico senza aver prima
effettuato un’analisi scientifica di costi e benefici dei programmi di spesa. Siamo sicuri che voi, come tanti
altri italiani e lucani, ci darete fiducia sulla base di questi nostri impegni.
Potenza 18 febbraio 2013
Nico Curci
Coordinatore regionale
FARE per Fermare il Declino – Basilicata

Cari amici di Liberascienza,

con grande piacere abbiamo letto la lettera che avete rivolto ai candidati lucani alle ormai imminentielezioni politiche nazionali. Siamo contenti perché essa contribuisce al dibattito politico ed è un piccolosegno di speranza per un rafforzamento del capitale sociale della nostra Basilicata.

Le risposte puntuali alle vostre domande sono tutte contenute nelle schede di approfondimento allegate aidieci punti del nostro programma, scaricabili dal nostro sito www.fermareildeclino.it. Qui mi limiterò aesporre alcuni aspetti chiave.Il tema dell’istruzione e della ricerca scientifica è per noi decisivo: si tratta dell’unica voce funzionale tra le uscite del bilancio statale, insieme con quella della protezione dell’ambiente, a non subire tagli nel nostroprogramma di riduzione della spesa pubblica. Ciò tuttavia non basta: noi di FARE per Fermare il Declino siamo convinti che in questo campo sia necessario operare una vera e propria rivoluzione.

I pilastri di questa rivoluzione sono due: autonomia e accountability (ossia verificabilità ex post dei risultatiottenuti). Prima di spiegare cosa essi implicano in concreto per l’università e la ricerca, vorrei spenderequalche parola anche sulla scuola, poiché la qualità dell’istruzione scolastica determina quella dei percorsidi studi superiori.Primario obiettivo di FARE per la scuola è una reale autonomia nella proposta di programmi e progettieducativi specifici, che permetta ai genitori una scelta informata per l’educazione dei loro figli. Taleautonomia consentirebbe l’attivazione di un’autentica competizione tra scuole. 

Qui entra in gioco l’altropilastro, l’accountability: bisogna diffondere la cultura della misurabilità e confrontabilità dei risultatiscolastici, rafforzando il ruolo dei test INVALSI. Questi sarebbero anche lo strumento adeguato per ridaredignità alla funzione degli insegnanti, le cui retribuzioni dovrebbero crescere in maniera proporzionale alrendimento del loro insegnamento e non, come avviene oggi, soltanto tenendo conto dell’anzianità diservizio acquisita.

Gli stessi principi vorremmo applicarli anche all’università italiana, affetta da una cronica presenza di baronie spesso incapace di fornire le conoscenze e competenze adeguate per affrontare il mercato del lavoro. Inquesto caso, andrebbe rafforzato il ruolo dell’Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario e dellaRicerca (ANVUR) nell’attribuire i finanziamenti statali agli Atenei sulla base della produzione scientifica deglistessi, valutata attraverso il meccanismo della peer review (valutazione dei pari), che garantisce unamisurazione del valore scientifico della ricerca universitaria universalmente accettata. 

Attraverso lacompetizione per le risorse, si attiverebbe un circolo virtuoso: da un lato si potrebbero creare centri dieccellenza specializzati verso i quali canalizzare le migliori competenze scientifiche, dall’altro gli studentiche devono scegliere l’università cui iscriversi avrebbero un segnale informativo chiaro sui costi e beneficidella scelta.Premiare il merito e le competenze nella scuola e nell’università è fondamentale per rimettere in moto lamobilità sociale nel nostro Paese. 

Perché altrimenti chiedere alle famiglie (o indirettamente a tutti icontribuenti) di sostenere gli oneri dell’investimento in capitale umano dei giovani quando poi l’eccellenzanon è premiata? O l’unica vera alternativa per un ruolo coerente con le proprie capacità è quello di migrareverso altri paesi più propensi a valutare il merito? Solo una rivoluzione liberale può affrancare la societàitaliana da logiche clientelari e rendite create da un’eccessiva regolamentazione dell’attività economica. È questa la rivoluzione liberale che ci proponiamo di attuare dalle aule parlamentari nella prossimalegislatura.Non molti progressi sono stati fatti da quando il sociologo americano Edward Banfield visitò la Basilicatanegli anni ’50 e intravide nel “familismo amorale” la causa principale dell’arretratezza della società lucanadel tempo. 

Per questo, riteniamo valida la proposta di Liberascienza di destinare parte delle royalties delpetrolio a una Bonus Card Cultura: sarebbe un bel segnale per le generazioni future e potrebbe davverocontribuire a colmare quel ritardo di civicness (senso civico), senza il quale ogni processo di sviluppo saràeffimero. Riteniamo tuttavia che il tema richieda una più ampia collocazione nel processo di revisioneprecedentemente descritto, volto a valorizzare il capitale umano. Alla fine si tratta di spendere risorsepubbliche, i nostri soldi: non una goccia di queste va sprecata! Di questo potete essere certi: FARE perFermare il Declino combatterà in Parlamento chiunque vorrà utilizzare il denaro pubblico senza aver primaeffettuato un’analisi scientifica di costi e benefici dei programmi di spesa. 

Siamo sicuri che voi, come tantialtri italiani e lucani, ci darete fiducia sulla base di questi nostri impegni.

Nico Curci – Coordinatore regionale FARE per Fermare il Declino – Basilicata

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