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La Regione Basilicata ha sottoscritto nel 2006 due contratti appartenenti alla categoria dei cosiddetti derivati con due banche internazionali, UBS e Dexia.
In anni recenti, la Corte dei Conti ha più volte sollevato dubbi su queste operazioni e ha richiesto chiarimenti agli uffici regionali. Il problema fu sollevato alcuni anni fa anche dal Senatore Digilio, all’epoca consigliere regionale. Inoltre, nello scorso novembre, si è svolta una discussione in Consiglio regionale su sollecitazione del centrodestra ed, in particolare, del consigliere Napoli. 

Il problema principale riguarda le cospicue perdite per l’ente regionale a cui hanno dato luogo questi contratti, perdite stimabili tra i 15 e i 20 milioni di euro dal 2007 ad oggi. In relazione a questo, ci sono altri due temi da esplorare, peraltro tra loro strettamente legati: (a) poiché le operazioni associate a questi derivati si concluderanno nel 2019, ci saranno ulteriori perdite a carico della regione oppure è possibile prevedere un recupero, almeno parziale, nei prossimi anni? (b) È opportuno tentare di rivedere, risolvere o, al limite, annullare i contratti sottoscritti con le due banche? 
  La materia è esoterica ma forse può esser spiegata in modo (relativamente) semplice. Supponete di essere nell’autunno del 2006 e sul punto di acquistare un immobile da finanziare per mezzo di indebitamento con il sistema bancario, su una durata di 13 anni. 
Un importante dilemma riguarda la scelta tra la sottoscrizione di un mutuo a tasso variabile, in alternativa alla scelta di un mutuo a tasso fisso. Con i dati di cui disponiamo oggi, sappiamo che se nel 2006 avete concluso che fosse preferibile il fisso, allora avete fatto un errore. Infatti, dal 2009 in avanti, si è verificato un crollo dei tassi d’interesse di mercato, ormai da tempo prossimi allo zero. In altri termini, con la scelta del mutuo finanziato al tasso variabile, avreste risparmiato in questi anni cifre assai significative. Rispetto a quanto esposto nell’esempio, è importante fare una precisazione: il risparmio (con il tasso variabile), o la spesa aggiuntiva (con il tasso fisso), fanno comunque riferimento al medesimo ammontare di debito contratto. In sostanza, l’esito legato alle due scelte alternative si rifletterà, a parità di debito contratto, in un differente ammontare della spesa per interessi. 
Questo semplice esempio spiega quale sia la causa delle “perdite” che sta subendo la Regione Basilicata con i suoi contratti derivati: nel 2006, su un ammontare di investimenti pari a 218 milioni di euro, legati alla ricostruzione post terremoto e finanziati prevalentemente da un contributo statale, l’ente decide che è preferibile coprirsi dai rischi di rialzo del tasso d’interesse di mercato e, dunque, conclude con le due banche, Dexia e UBS, un accordo denominato Interest Rate Swap, con circa 106 milioni di capitale (nozionale) per ciascun contratto, incassando subito dalle banche un differenziale di circa 6 milioni di euro (up front). Per il periodo di durata del contratto, fino al 2019, la regione si impegna a pagare alle banche una rata fissa semestrale, con un tasso (fisso) pari al 4,625% annuo, mentre le due banche si impegnano invece a pagare una rata semestrale variabile alla regione Basilicata, il cui ammontare è legato all’andamento del tasso Euribor a 6 mesi (più un piccolo spread dello 0,185%). Quindi, in presenza di un andamento del tasso Euribor che si collochi al di sopra del livello del fisso, la regione ottiene un flusso di pagamenti positivo dalle banche, nel caso invece l’Euribor sia inferiore, il flusso di pagamenti diventa negativo. Con questi accordi sottoscritti, la Regione Basilicata ha un Flusso Differenziale positivo solo nell’anno 2008, mentre nei restanti 5 (fino dunque al 2012) il Flusso è negativo ed in alcuni anni, come nel 2010, particolarmente negativo, visto che si giunge a pagare oltre 6 milioni di euro alle due banche. Si può concludere, in base all’informazione pubblica sulla quale è prevalentemente basato questo articolo, che i contratti derivati sottoscritti dalla regione non hanno un aggressivo carattere speculativo ma, piuttosto, rientrano nella logica della copertura da rischi (hedging). Infatti, esattamente come nel caso del risparmiatore individuale, si tratta di un problema di eccessivo esborso, data la scommessa fatta sul tasso fisso, di spesa corrente da interessi. Nella variopinta terminologia anglosassone questo tipo di contratto è definito “Plain Vanilla” ovvero, metaforicamente, una scelta del cliente limitata al solo gusto di vaniglia. A quanto ammonterà, lungo tutta la durata del contratto, l’eccesso di spesa per interessi sostenuto dalla regione? La Corte dei Conti sostiene che già 20 milioni di eccesso di spesa da interessi (uso qui il mio linguaggio) si siano registrati in questi primi anni di validità del contratto. In effetti, sulla base delle tabelle aggiornate al 2012 che mi sono state gentilmente fornite dagli uffici regionali, si ha un disavanzo cumulato di 20 milioni. Per completezza, va però detto che i criteri di calcolo adottati dalla Regione per misurare i costi finali associati ai contratti sono differenti, in quanto tengono conto anche del contributo statale di 21 milioni annui. In tal modo, il dato sulle perdite subìte viene ad essere più che dimezzato. 
A mio parere, aldilà della contabilità, la logica economica sottostante è piuttosto chiara: la Regione Basilicata, in presenza di scelta alternativa rispetto a quella specifica fatta con i suddetti derivati, avrebbe potuto disporre in questi ultimi 6 anni di circa 20 milioni di euro aggiuntivi. Purtroppo, non sono prevedibili inversioni nella direzione dei flussi netti di pagamento nell’arco dei prossimi 5 – 7 anni. Più precisamente, sulla base dei cosiddetti tassi futures, cioè sulla base delle previsioni di mercato degli operatori professionali sull’andamento dei tassi d’interesse nei prossimi anni, il bilancio dovrebbe restare pesantemente negativo per la regione. Questa previsione è confermata anche per via indiretta, cioè guardando al prolungarsi della recessione per tutto il 2013 ed alla modesta ripresa nell’area europea prevista a partire dal 2014. Insomma, non tira aria di un significativo aumento dei tassi d’interesse nei prossimi anni. Dunque, l’amara conclusione per i conti regionali è che fino al 2019 si avrà un ulteriore flusso di pagamenti a favore delle banche, stimato intorno ai 20 milioni di euro, diciamo con alta probabilità compreso tra i 18 e i 22 milioni di euro. Così da portare il guadagno complessivo per le due banche, grazie al contratto derivato sottoscritto, intorno ai 40 milioni di euro nel periodo che va dal 2006 al 2019. È da sottolineare che se la sintetica analisi contenuta in questo articolo è corretta, le basi per un annullamento giurisdizionale dei contratti sono abbastanza fragili. Ciò non vuol dire, beninteso, che si tratti di una strada che debba essere del tutto esclusa. Certo, come ha rilevato la Consob negli anni scorsi, non può essere casuale che il sistema bancario sia uscito sistematicamente vincente dalle scommesse, implicite nei derivati, effettuate con gli enti locali. 
Ciò riporta ad un problema di asimmetria nella capacità di valutazione delle controparti riguardo all’andamento futuro delle variabili finanziarie. In altri termini, nell’inverno del 2006 le due banche internazionali stanno scommettendo sulla flessione futura dei tassi di interesse di mercato e non sul loro aumento, come invece fa la Regione Basilicata. Più precisamente, diciamo che nell’autunno del 2006 le previsioni di mercato convergono su ragionevoli aumenti dei tassi nell’arco dei successivi 3 anni. Il punto, però, è che il contratto derivato ha durata non di 3 ma di 13 anni! Va naturalmente anche osservato che all’epoca era impossibile prevedere che nel giro di due anni sarebbe scoppiata una nuova grande depressione economica mondiale, con associato azzeramento dei rendimenti nominali, e non è dunque su questa base che una critica alla scelta del tasso fisso può essere mossa all’ente regionale. Tuttavia, appare anche chiaro come la regione abbia fatto a suo tempo una scelta un po’ miope, come non di rado capita agli operatori non professionali. In sostanza, per quanto possa apparire leggermente contro-intuitivo, se ti stai indebitando su un orizzonte temporale così ampio, dai rialzi dei tassi ti devi coprire quando i tassi sono “bassi” (perché maggiore è la probabilità di aumento futuro) e non, invece, quando sono già abbastanza “alti” (simmetricamente, perché in questo caso è più alta probabilità di ribassi futuri). In fondo è la stessa logica, ancora una volta all’apparenza paradossale, che dovrebbe spingere le famiglie a contrarre mutui a tasso fisso quando i tassi di mercato sono inferiori alla media storica e, viceversa, a scegliere il mutuo a tasso variabile quando i tassi di mercato sono superiori, o comunque vicini, alla media storica. Che è, appunto, la situazione del mercato finanziario nell’inverno del 2006. In conclusione, a mio parere, dovrebbe essere esplorata la strada, che comunque non è né semplice né priva di costi, della risoluzione consensuale dei contratti derivati stipulati dalla regione: dopo il 2008 è venuto giù il mondo; c’è stata una rottura strutturale a livello economico mondiale e la più grave crisi economica da 80 anni, con un contributo rilevante al divampare della crisi offerto proprio dal sistema finanziario, attraverso l’esplosione degli strumenti più speculativi. L’avvento di una depressione economica non era prevedibile al momento della sottoscrizione dei contratti derivati. 
Contratti che stanno determinando un esborso abnorme per la Regione Basilicata. Per di più, sulla base dei dati ad oggi disponibili, si determinerà un forte flusso differenziale a favore delle banche anche per i prossimi anni. Recuperare, dunque, almeno una parte significativa dei potenziali 20 milioni di euro che la regione dovrà pagare fino al 2019 alle due banche è nell’interesse della comunità lucana. E, dopotutto, si tratta di risorse che potrebbero essere destinate a finalità sociali più rilevanti rispetto all’incremento degli utili privati di UBS e Dexia.
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