X
<
>

Condividi:
17 minuti per la lettura

Pittella avverte il Pd «Basta con gli inciuci»  
«Pronto a fare un passo indietro   a nome del rinnovamento  Non accetterò però, semplici  ma inutili soluzioni di facciata» 
di SALVATORE SANTORO 
POTENZA – Torna il “soldato” Pittella. Non l’assessore, ma il politico che dice le cose come stanno senza troppi giri di parole. Anche quelle scomode. Marcello Pittella entra nel dibattito post elettorale e alle voci secondo cui sarebbe pronta una soluzione per rivoluzionare la giunta regionale di De Filippo con tutti esterni risponde con fermezza: «Sono pronto a qualsiasi mio passo indietro  per il bene dei lucani e del rinnovamento ma non consentirò inciuci e soluzioni di facciata». Insomma l’assessore alle Attività produttive, Marcello Pittella, risponde “indirettamente” ad Antonio Luongo e alle voci che si inseguono. Pittella chiarisce: «Io mi sento pronto alla sfida del rinnovamento mettendo in discussione per primo me stesso. Non sono un  affezionato alla poltrona. Ma un cambio epocale, per dare vita a un necessario ricambio generazionale, deve essere affidato a quello della consultazione popolare attraverso Primarie vere. I prossimi parlamentari, i prossimi presidenti della giunta, come i sindaci o i consiglieri regionali vanno scelti con le Primarie aperte a tutti. E voglio essere chiaro fino in fondo: giunte esterne con inciuci o prestanomi non se ne possono fare. Operazioni di bassa cucina non ne consentirò. Se ciò, invece, dovesse avvenire diventa tutto più complicato. Il partito commetterebbe un grave errore e io potrei decidere diversamente. Insomma potrei non starci e decidere altrimenti». 
E’ durissimo Marcello Pittella che ha sviluppato un ragionamento complesso a partire dall’analisi del voto. 
Come spiega il voto del 25 febbraio?
«Senza affondare il coltello nella carne viva, io penso che un pò di errori nazionali siano stati commessi. Abbiamo sicuramente pagato lo scotto di una crisi mondiale economica che genera rabbia, insoddisfazione e protesta. Ma abbiamo anche  pagato molto sul piano nazionale l’appoggio a Monti e quindi una lettura della realtà tropo legata a uno schema di estremo rigore senza che si abbia avuto la possibilità di mettere in moto un meccanismo che non si appoggi solo sulla pressione fiscale, ma anche sulla ripresa del mondo produttivo…». 
Solo?
«E poi penso che abbiamo un pò sottovalutato anche a livello nazionale il disagio e la rabbia dei cittadini anche nella proposizione della campagna elettorale. Abbiamo avuto, a mio modo di vedere, un approccio molto responsabile di Bersani e meno propagandistico di Bersani che purtroppo non ha pagato in termini elettorali. E’ un paradosso, ma è quello che emerge». 
Insomma cosa serviva?
«La gente ha bisogno, in una fase del genere, di percepire serietà e responsabilità. Ma anche avvertire la prospettiva di un sogno. Non abbiamo fatto propaganda. Siamo stati seri. Ma in questo mondo e in questo momento questo non basta. Perché poi abbiamo seguito il sogno degli altri». 
Questo sul piano nazionale e su quello regionale?
«Abbiamo anche responsabilità a livello regionale e locale. Innanzitutto a partire dal tema delle Primarie. Sono state un pò troppo chiuse. Hanno animato il corpo del partito, ma oggettivamente sono state meno aperte di quello che la gente si auspicava. E’ la verità. La gente si è trovata davanti a una serie di chiusure che potevano essere evitate. Inoltre ha pesato secondo me anche la questione di un partito che per troppi anni ha vissuto di una eccessiva litigiosità. Troppe vicende  che nei comuni si sono consumate sulle amministrative, sui direttivi, sulle sezioni. Per cui noi non abbiamo più forse la possibilità il tempo per ricreare un clima all’interno di un partito inclusivo e non ad escludendum sulle vecchie logiche dell’appartenenza. Si è avuto un centrosinistra e un Pd che troppo si è ripiegato sugli equilibri e sul mantenimento di una gerarchia, pur nell’avanzamento di un ricambio generazionale che io ammetto. In tutto questo le riforme della governance non le abbiamo fatte. La politica ha pesato molto nel non essere spinta propulsiva e determinante rispetto a una attività amministrativa e di governo».
La colpa è della Regione?
Non solo e anzi sarebbe sbagliato pensare che le colpe stanno tutte da una parte. Le colpe ovviamente vanno divise orizzontalmente tra tutti. Tra tutti coloro, a partire da me evidentemente, che rivestono ruoli e incarichi. Ma è altrettanto vero che sarebbe sbagliato pensare che c’è un governo regionale a cui affidare tutta o buona parte della responsabilità del risultato delle elezioni politiche. Sarebbe una azione scellerata che non ci conduce da nessuna parte. Io penso che tanto il governo regionale quanto il Partito democratico lucano, insieme alle amministrazioni locali più importanti devono assumersi le responsabilità di qualcosa che non è andata secondo le aspettative». 
Assumersi la responsabilità per fare cosa poi?
«Dico che le cose vanno analizzate complessivamente a tutti i livelli. E soprattutto quando diciamo “ora dobbiamo ripartire”, lo dobbiamo fare realmente. Bisogna capire  come ripartire. Ma non basta solo dire che dobbiamo ripartire e quindi fare il solito annuncio che si ridurrebbe come al solito in un pò di fumo negli occhi degli elettori. Attenzione. Basta con gli slogan. Ora l’asticella bisogna alzarla seriamente». 
La sua è una posizione critica… 
«Io non faccio altro che recuperare una posizione che ho sempre avuto negli anni. Come si ricorderanno i lettori del Quotidiano della Basilicata con la mia intervista a Leporace in pieno agosto sulla “terza via”. Cioè anche in questa occasione io voglio stare sul merito delle questioni. Voglio stare sulla qualità della proposta. Sulla qualità dell’azione politica e amministrativa e sulla qualità di azione di governo. In poche parole voglio stare sul merito delle questioni affrontate e risolte e non sulla cornice. Mi interessano i fatti concreti e non solo un’operazione di lifting che serve a ben poco. Non servirebbe a nulla. C’è un tema legato alla meritocrazia in questo Paese e in questa regionale. Per me questo tema della meritocrazia deve interessare anche le classi dirigenti. E inoltre secondo me i mandati vanno affidati a chi realmente ha ricevuto un mandato dagli elettori. Non vedo chi potrebbe essere il legame tra politica e corpo elettorale se non chi è stato eletto. E’ una responsabilità a cui siamo chiamati tutti. Altrimenti non vedo a chi affidare responsabilità così impegnative». 
Ma c’è una domanda di rinnovamento deciso e forse non più rinviabile… 
«Penso che il grande rinnovamento può essere compiuto solo attraverso questi canoni anche con il personale interno politico. Lo si può fare riducendo da sei a quattro gli assessori. Lo si può fare improntando le scelte su questi requisiti della qualità, della meritocrazia e della risposta ai temi che interessano i cittadini. La gente non protesta giusto per farlo. Ma protesta perchè avverte una sorta di palude. Perchè la gente non vede i problemi che vengono risolti perchè la politica e le amministrazioni rinviano continuamente le soluzioni e le riforme necessarie. Nell’ambito regionale la gente è scontenta e protesta perchè noi  rinviamo la riforma dei Consorzi di bonifica, perchè rinviamo tutta una serie di questioni importanti e perchè non mettiamo in campo molte azioni per lo snellimento burocratico. Certo molte cose le siamo riuscite a fare, ma tante cose sono ferme». 
E se per rinnovare servisse Pittella fuori dalla giunta regionale?
«Voglio essere chiaro. Non ho nessuna difficoltà a fare un passo indietro oggi. Così come non ho avuto nessuna difficoltà all’inizio di questa legislatura a fare un passo indietro nonostante il risultato elettorale quando è stata composta una giunta quasi interamente composta da esterni. E nemmeno voglio esprimere giudizi sul lavoro degli altri perchè i giudizi spettano solo e sempre agli elettori. Io so quello che ho fatto in un anno da assessore e ritengo che sia stato un lavoro molto avanzato anche in continuità con il mio predecessore. Ma nonostante tutto, se dovesse servire io sono pronto in un attimo a dare una spinta al rinnovamento anche con il mio stesso passo indietro».
C’è un ma?
«Sì. Ma, veramente si deve praticare il rinnovamento fino in fondo anche in una possibile giunta a 4 assessori interni con me o senza di me. Ma rispetto alle cronache giornalistiche che leggo e all’ipotesi di un cambio totale di giunta che poi verrebbe composta da esterni posso solo dire che nel 2010 già non ero  d’accordo a una proposta simile ma l’ho rispettata. Personalmente non penso sia la soluzione ideale perchè non va a rispondere all’esigenza dei cittadini che chiedono un rapporto diretto con il governo attraverso gli eletti. Una giunta degli esterni avrebbe anche difficoltà a comprendere in tempi rapidi il funzionamento della macchina amministrativa. Ma ribadisco: qualora questa fosse la scelta io sono un soldato e non sarò certo  l’elemento di disturbo. Ma chiedo, sia per una soluzione interna al consiglio o esterna  che non ci siano nè un aggiustamenti per mantenere equilibri con i misurini e gli equilibrismi nel primo caso e nè che ci siano inciuci  o prestanome per la seconda soluzione. E poi mi sembra evidente che una vera operazione di avanzamento a favore del rinnovamento non può riguardare solo il rimpasto della giunta regionale ma deve riguardare le intere strutture dei dipartimenti, gli enti regionali e le altra amministrazioni locali». 
Insomma tutto il pacchetto e non solo la giunta regionale… 
«Dobbiamo dare una risposta complessiva e un segnale importante. Allora avrebbe un senso e poco conta in quel caso Pittella o  un altro. Ma non è che si rivoluziona la giunta regionale e si  mantiene  ancora una giunta a 10 nel Comune di Potenza o alla Provincia dove gli assessori comunque sono tanti. Insomma il problema è vasto e non riguarda solo la giunta regionale».  

 POTENZA – Torna il “soldato” Pittella. Non l’assessore, ma il politico che dice le cose come stanno senza troppi giri di parole. Anche quelle scomode. Marcello Pittella entra nel dibattito post elettorale e alle voci secondo cui sarebbe pronta una soluzione per rivoluzionare la giunta regionale di De Filippo con tutti esterni risponde con fermezza: «Sono pronto a qualsiasi mio passo indietro  per il bene dei lucani e del rinnovamento ma non consentirò inciuci e soluzioni di facciata». Insomma l’assessore alle Attività produttive, Marcello Pittella, risponde “indirettamente” ad Antonio Luongo e alle voci che si inseguono. Pittella chiarisce: «Io mi sento pronto alla sfida del rinnovamento mettendo in discussione per primo me stesso. Non sono un  affezionato alla poltrona. Ma un cambio epocale, per dare vita a un necessario ricambio generazionale, deve essere affidato a quello della consultazione popolare attraverso Primarie vere. I prossimi parlamentari, i prossimi presidenti della giunta, come i sindaci o i consiglieri regionali vanno scelti con le Primarie aperte a tutti. E voglio essere chiaro fino in fondo: giunte esterne con inciuci o prestanomi non se ne possono fare. Operazioni di bassa cucina non ne consentirò. Se ciò, invece, dovesse avvenire diventa tutto più complicato. Il partito commetterebbe un grave errore e io potrei decidere diversamente. Insomma potrei non starci e decidere altrimenti». E’ durissimo Marcello Pittella che ha sviluppato un ragionamento complesso a partire dall’analisi del voto. Come spiega il voto del 25 febbraio?«Senza affondare il coltello nella carne viva, io penso che un pò di errori nazionali siano stati commessi. Abbiamo sicuramente pagato lo scotto di una crisi mondiale economica che genera rabbia, insoddisfazione e protesta. Ma abbiamo anche  pagato molto sul piano nazionale l’appoggio a Monti e quindi una lettura della realtà tropo legata a uno schema di estremo rigore senza che si abbia avuto la possibilità di mettere in moto un meccanismo che non si appoggi solo sulla pressione fiscale, ma anche sulla ripresa del mondo produttivo…». Solo?«E poi penso che abbiamo un pò sottovalutato anche a livello nazionale il disagio e la rabbia dei cittadini anche nella proposizione della campagna elettorale. Abbiamo avuto, a mio modo di vedere, un approccio molto responsabile di Bersani e meno propagandistico di Bersani che purtroppo non ha pagato in termini elettorali. E’ un paradosso, ma è quello che emerge». Insomma cosa serviva?«La gente ha bisogno, in una fase del genere, di percepire serietà e responsabilità. Ma anche avvertire la prospettiva di un sogno. Non abbiamo fatto propaganda. Siamo stati seri. Ma in questo mondo e in questo momento questo non basta. Perché poi abbiamo seguito il sogno degli altri». Questo sul piano nazionale e su quello regionale?«Abbiamo anche responsabilità a livello regionale e locale. Innanzitutto a partire dal tema delle Primarie. Sono state un pò troppo chiuse. Hanno animato il corpo del partito, ma oggettivamente sono state meno aperte di quello che la gente si auspicava. E’ la verità. La gente si è trovata davanti a una serie di chiusure che potevano essere evitate. Inoltre ha pesato secondo me anche la questione di un partito che per troppi anni ha vissuto di una eccessiva litigiosità. Troppe vicende  che nei comuni si sono consumate sulle amministrative, sui direttivi, sulle sezioni. Per cui noi non abbiamo più forse la possibilità il tempo per ricreare un clima all’interno di un partito inclusivo e non ad escludendum sulle vecchie logiche dell’appartenenza. Si è avuto un centrosinistra e un Pd che troppo si è ripiegato sugli equilibri e sul mantenimento di una gerarchia, pur nell’avanzamento di un ricambio generazionale che io ammetto. In tutto questo le riforme della governance non le abbiamo fatte. La politica ha pesato molto nel non essere spinta propulsiva e determinante rispetto a una attività amministrativa e di governo».La colpa è della Regione?Non solo e anzi sarebbe sbagliato pensare che le colpe stanno tutte da una parte. Le colpe ovviamente vanno divise orizzontalmente tra tutti. Tra tutti coloro, a partire da me evidentemente, che rivestono ruoli e incarichi. Ma è altrettanto vero che sarebbe sbagliato pensare che c’è un governo regionale a cui affidare tutta o buona parte della responsabilità del risultato delle elezioni politiche. Sarebbe una azione scellerata che non ci conduce da nessuna parte. Io penso che tanto il governo regionale quanto il Partito democratico lucano, insieme alle amministrazioni locali più importanti devono assumersi le responsabilità di qualcosa che non è andata secondo le aspettative». Assumersi la responsabilità per fare cosa poi?«Dico che le cose vanno analizzate complessivamente a tutti i livelli. E soprattutto quando diciamo “ora dobbiamo ripartire”, lo dobbiamo fare realmente. Bisogna capire  come ripartire. Ma non basta solo dire che dobbiamo ripartire e quindi fare il solito annuncio che si ridurrebbe come al solito in un pò di fumo negli occhi degli elettori. Attenzione. Basta con gli slogan. Ora l’asticella bisogna alzarla seriamente». La sua è una posizione critica… «Io non faccio altro che recuperare una posizione che ho sempre avuto negli anni. Come si ricorderanno i lettori del Quotidiano della Basilicata con la mia intervista a Leporace in pieno agosto sulla “terza via”. Cioè anche in questa occasione io voglio stare sul merito delle questioni. Voglio stare sulla qualità della proposta. Sulla qualità dell’azione politica e amministrativa e sulla qualità di azione di governo. In poche parole voglio stare sul merito delle questioni affrontate e risolte e non sulla cornice. Mi interessano i fatti concreti e non solo un’operazione di lifting che serve a ben poco. Non servirebbe a nulla. C’è un tema legato alla meritocrazia in questo Paese e in questa regionale. Per me questo tema della meritocrazia deve interessare anche le classi dirigenti. E inoltre secondo me i mandati vanno affidati a chi realmente ha ricevuto un mandato dagli elettori. Non vedo chi potrebbe essere il legame tra politica e corpo elettorale se non chi è stato eletto. E’ una responsabilità a cui siamo chiamati tutti. Altrimenti non vedo a chi affidare responsabilità così impegnative». Ma c’è una domanda di rinnovamento deciso e forse non più rinviabile… «Penso che il grande rinnovamento può essere compiuto solo attraverso questi canoni anche con il personale interno politico. Lo si può fare riducendo da sei a quattro gli assessori. Lo si può fare improntando le scelte su questi requisiti della qualità, della meritocrazia e della risposta ai temi che interessano i cittadini. La gente non protesta giusto per farlo. Ma protesta perchè avverte una sorta di palude. Perchè la gente non vede i problemi che vengono risolti perchè la politica e le amministrazioni rinviano continuamente le soluzioni e le riforme necessarie. Nell’ambito regionale la gente è scontenta e protesta perchè noi  rinviamo la riforma dei Consorzi di bonifica, perchè rinviamo tutta una serie di questioni importanti e perchè non mettiamo in campo molte azioni per lo snellimento burocratico. Certo molte cose le siamo riuscite a fare, ma tante cose sono ferme». E se per rinnovare servisse Pittella fuori dalla giunta regionale?«Voglio essere chiaro. Non ho nessuna difficoltà a fare un passo indietro oggi. Così come non ho avuto nessuna difficoltà all’inizio di questa legislatura a fare un passo indietro nonostante il risultato elettorale quando è stata composta una giunta quasi interamente composta da esterni. E nemmeno voglio esprimere giudizi sul lavoro degli altri perchè i giudizi spettano solo e sempre agli elettori. Io so quello che ho fatto in un anno da assessore e ritengo che sia stato un lavoro molto avanzato anche in continuità con il mio predecessore. Ma nonostante tutto, se dovesse servire io sono pronto in un attimo a dare una spinta al rinnovamento anche con il mio stesso passo indietro».C’è un ma?«Sì. Ma, veramente si deve praticare il rinnovamento fino in fondo anche in una possibile giunta a 4 assessori interni con me o senza di me. Ma rispetto alle cronache giornalistiche che leggo e all’ipotesi di un cambio totale di giunta che poi verrebbe composta da esterni posso solo dire che nel 2010 già non ero  d’accordo a una proposta simile ma l’ho rispettata. Personalmente non penso sia la soluzione ideale perchè non va a rispondere all’esigenza dei cittadini che chiedono un rapporto diretto con il governo attraverso gli eletti. Una giunta degli esterni avrebbe anche difficoltà a comprendere in tempi rapidi il funzionamento della macchina amministrativa. Ma ribadisco: qualora questa fosse la scelta io sono un soldato e non sarò certo  l’elemento di disturbo. Ma chiedo, sia per una soluzione interna al consiglio o esterna  che non ci siano nè un aggiustamenti per mantenere equilibri con i misurini e gli equilibrismi nel primo caso e nè che ci siano inciuci  o prestanome per la seconda soluzione. E poi mi sembra evidente che una vera operazione di avanzamento a favore del rinnovamento non può riguardare solo il rimpasto della giunta regionale ma deve riguardare le intere strutture dei dipartimenti, gli enti regionali e le altra amministrazioni locali». Insomma tutto il pacchetto e non solo la giunta regionale… «Dobbiamo dare una risposta complessiva e un segnale importante. Allora avrebbe un senso e poco conta in quel caso Pittella o  un altro. Ma non è che si rivoluziona la giunta regionale e si  mantiene  ancora una giunta a 10 nel Comune di Potenza o alla Provincia dove gli assessori comunque sono tanti. Insomma il problema è vasto e non riguarda solo la giunta regionale».  

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE